"Una pietra sul nostro passato" Berlusconi tratta con Gheddafi
dall' inviato Gianluca LuzziDel 29 ottobre 2002 da La Repubblica
TRIPOLI - Un ospedale moderno, che serva anche per la formazione dei medici libici. Oppure una grande autostrada che colleghi il nord al sud del paese. Questo è il "grande gesto" che l'Italia è disposta a fare per seppellire definitivamente il ricordo del passato colonialista. Gheddafi si sarebbe convinto a "scegliere" la strada, con un contributo italiano di 60 milioni di euro. E a Berlusconi il colonnello ha regalato un moschetto che i libici presero a un soldato italiano nel '24, "regalo simbolico - commenta Berlusconi - che rappresenta la fine dei contrasti tra i due paesi". Negoziatore duro, il Colonnello. Da trentatre anni al potere: "Gliel'ho anche detto - racconta il Cavaliere - "Lei è un vero professionista super". Io invece, davanti a lui, sono un dilettante". Venti minuti dentro la tenda nella cittadella militare Bab El Azizia, alla periferia di Tripoli, con i soli interpreti. Poi il caldo soffocante e il buio dell'ambiente hanno suggerito di spostarsi all'aperto. Una breve passeggiata fra gli zampilli degli annaffiatoi e i dromedari che brucavano l'erba, e il Cavaliere e il Colonnello si sono accomodati all'ombra di una palma. Un confronto lunghissimo, più di un'ora. Duro, anche. Con Gheddafi che - come ha raccontato lo stesso Berlusconi - "ha evocato il dramma della Libia e i danni che ha subito a causa del colonialismo: le deportazioni di cittadini libici, i morti, i feriti, gli handicappati, gli invalidi provocati dalle mine". E lo stesso Colonnello non ha esitato "a mostrami la ferita che ha sul braccio, provocata quando era bambino da una mina che potrebbe essere stata italiana. E mi ha ricordato che un suo cugino e uno zio sono stati uccisi dalle mine". "Ci rendiamo conto che per un popolo è difficile dimenticare tutto questo". A tal punto che "ultimamente i rapporti si erano resi difficili, erano intervenute decisioni da parte dello stato libico che avevano portato alla sospensione dei contratti con le imprese italiane". Per gli italiani allontanati nel '70 "abbiamo avuto assicurazione che avranno i visti", ma la Venere di Cirene, promessa al museo di Tripoli, per ora resta, imballata, a Roma. Tre anni dopo la visita di D'Alema, un altro premier italiano cerca di riportare la pace nei rapporti con la Libia: "Sono qui per rimediare a questa situazione, per cercare di mettere una pietra sul passato e per guardare a un futuro di collaborazione fra i nostri due paesi", ha detto Berlusconi ricordando che "il 25% del nostro fabbisogno energetico lo importiamo dalla Libia". E con il nuovo gasdotto, pronto nel 2004, la percentuale salirà al 30%. Meglio quindi usare la massima pazienza nella trattativa. Berlusconi vuole voltare pagina. "L'imperativo categorico è: ora guardiamo al futuro e non stiamo più a considerare un passato che ci ha visto divisi e su cui ormai credo sia giunto il momento di mettere la parola fine".