"Una pietra sul passato"
dall' inviato Marco PalocciDel 29 ottobre 2002 da Il Sole 24 Ore
TRIPOLI - "Mettiamo una pietra sul passato, guardiamo a un futuro di collaborazione": seduto nella torrida penombra della famosa tenda bombardata dagli americani nell'86, Silvio Berlusconi ieri ha provato a lungo a convincere Muhammar Gheddafi ad accettare l'offerta italiana per chiudere il capitolo dei danni del periodo coloniale. Per tentare di chiudere la partita, il premier ha gettato sul tavolo una doppia alternativa già ventilata in passato: un ospedale collegato ai centri sanitari d'eccellenza italiani o un'autostrada da 60 milioni di euro che colleghi il nord e il sud del Paese. Chiedendo in cambio lo sblocco dei crediti di 104 imprese per un totale circa 877 milioni di euro (interessi esclusi) e la concessione di visti di ingresso ai superstiti dei 20 mila italiani espulsi nel 1970. Ma il Colonnello si è dimostrato un negoziatore davvero ostinato: cortesissimo nei modi, non ha esitato a mostrare al presidente del Consiglio la ferita provocata sul suo braccio da una mina di "probabile provenienza italiana". Poi gli ha raccontato di uno zio e un cugino rimasti uccisi dagli stessi ordigni. E quando il caldo ha reso quasi impraticabile il "gazebo" riservato agli incontri ufficiali, ha invitato l'ospite a trasferirsi nel parco circostante, tra uccelliere e dromedari. Dove, in un salotto incastonato all'ombra di una palma, ha continuato a scodellare dossier per dimostrare le gravità degli atti compiuti dai nostri connazionali e quindi la necessità di un risarcimento più sostanzioso. Una trattativa serratissima: a un certo punto - ha raccontato lo stesso Berlusconi - ho detto al Colonnello: "Lei è al potere da 33 anni, è un superprofessionista. Io al suo confronto sono un dilettante". E così alla fine, l'intensa giornata libica del presidente del Consiglio italiano, si è conclusa in modo interlocutorio. L'Italia promette di restituire al più presto la Venere di Cirene ritrovata nel 1913; Tripoli assicura di essere pronta a concedere i primi visti agli italiani ex residenti. Per il resto, sui pagamenti alle aziende, così come sull'entità dei risarcimenti e sul trattato di amicizia che dovrebbe infine suggellare la normalizzazione delle relazioni tra Roma e Tripoli, tutto rinviato alle commissioni tecniche che entro un paio di mesi dovranno produrre nuove ipotesi di compromesso. Durante la cena la trattativa è sembrata avviarsi su binari più cordiali: Gheddafi ha dichiarato di accettare il contributo per la costruzione della strada e ha regalato a Berlusconi un moschetto sottratto a un soldato italiano nel 1924 come simbolo dell'impegno a "superare i contrasti". "Stiamo cercando di incontrarci partendo da posizioni non facili - ha ammesso Berlusconi -. Stiamo cercando di mettere tanta cordialità sulle cifre (che per ora è meglio restino riservate) in modo che passino in secondo ordine e che valga invece di più il simbolo del gesto. La Libia ha subìto gravi danni a causa del colonialismo: deportazioni, morti, invalidi provocati dalle mine e tutto questo per un popolo è difficile da dimenticare" ha mostrato comprensione il premier. D'altra parte, nonostante la durezza della trattativa di ieri, l'interesse alla apertura di un nuovo capitolo nei rapporti tra i due Paesi è reciproco. A tre anni dalla sospensione delle sanzioni Onu dopo la consegna dei due agenti libici sospettati dell'attentato di Lockerbie, la Libia sta cercando di riallacciare sempre di più le relazioni con l'Occidente. E l'Italia è ovviamente in cima alla lista dei paesi verso cui guardare, sia per il nostro tradizionale ruolo politico nello scacchiere sia per i legami economici: siamo primo partner in assoluto con un interscambio commerciale di 6,759 miliardi di euro nel 2001 (il 95% delle nostre importazioni è costituito dai prodotti petroliferi). "Dipendiamo dalla Libia per il 25% del nostro fabbisogno energetico. E abbiamo in costruzione un gasdotto che comincerà a funzionare dal 2004 e dovrebbe portarci addirittura al 30%", ha ricordato ieri lo stesso Berlusconi. In attesa di trovare un compromesso sui rapporti bilaterali, in compenso il Cavaliere e il Colonnello si sono invece dichiarati d'accordo sulla lotta alla immigrazione clandestina e al terrorismo: "Dopo l'11 settembre c'è stata una dichiarazione forte e decisa del leader libico e stiamo discutendo di un documento per non dare né asilo, né aiuto alle organizzazioni terroristiche".