In viaggio nel deserto con le zie
Del 7 novembre 2002 da Panorama
Missione: Libia. La Divisione Caftani è allertata un giorno prima della partenza da Marta Marzotto in persona. Il fonogramma parla chiaro: rispolverare babbucce e chincaglieria berbera e presentarsi a Ciampino, dove un Boeing è pronto a scorazzare le truppe mondane d'assalto alla volta di Tripoli. Le notizie sono frammentarie ma tutti sanno che non sarà una passeggiata. Qui non si tratta di raccattare candelabri nel suk di Marrakech, c'è in ballo ben altro. Una missione diplomatica vera: tre giorni, 72 ore, per incontrare e vezzeggiare Saif Gheddafi, il 30enne rampollo illuminato del Colonnello, visitare le meraviglie archeologiche di Leptis Magna e Sabratha, neutralizzare la costruzione di un villaggio-vacanze di massa, perorare la causa di un turismo d'élite. Ma anche di passeggiare sulle rocce dove Marta sogna di costruire l'ennesima villa maghrebina, perdersi nella sensuale Medina di Tripoli e prendere un tè nel deserto. All' aeroporto, dame contesse, marchese, principi e principesse sfilano sotto il detector che trilla impazzito, mentre un gruppo di finanzieri sghignazza davanti ai monitor. E quando sotto lo scandaglio passa il megaset Alviero Martini di Marzotto, scatta l'inesorabile commento: "Anvedi che collanine !". Procedura veloce, perché l'aereo-salotto della Private Air (offerto dalla Tamzini della Tamoil) con la stiva piena di champagne non può aspettare. Rapida conta: ci sono tutti, da Guya Sospiso a Doris Pignatelli, da Carlo Giovannelli a Nori Corbucci e tutti gli altri, una quarantina di bei nomi di Roma e Milano. Più un drappello di blasonate figliole in età da marito. Unica a disertare è Sandra Carraro. Marzotto è perentoria. "Ogni ritardo superiore a 5 minuti non sarà tollerato". Sale anche il giovane Gheddafi: è un delirio di baci e abbracci. "Non è fantastico sto ragazzo?" dice Marta "è un peccato, non vedremo la sorella Aisha, è andata in Germania a rifarsi i denti". Aeroporto di Tripoli. Ad accogliere i pellegrini della Sirte c'è una dozzina di limousine e un cameraman della tv libica. Intorpidita, la comitiva alloggia all' Hotel Mahary, perla del lusso socialista. Ma la mattina il principe Giovannelli lamenta che manca il tappo della vasca. "Si, l'acqua scorre sul corpo nudo senza fermarsi, come su una Venere botticelliana". Sul bus verso Leptis Magna il pittore Luca Pignatelli sfodera i cataloghi delle sue opere piene di bombardieri B52 che sorvolano statue classiche. L'arco di Settimio Severo accoglie imponente il gruppo Marzotto. Le bellezze mozzafiato della città che ha vissuto il massimo splendore nel III secolo d.C. rapiscono tutti: il porto, l'anfiteatro, le terme di Adriano, il mercato, un trionfo di tabernae e colonnati. La signora milanese Lucedalba Ferrari è commossa e vorrebbe dare un consiglio al colonnello: "Invece che spendere in armi, perché non restaura le rovine?". La giovane Mirtilla Rolandi Ricci ha un moto d'orgoglio: "Noi veniamo da questa cultura, la gente se lo scorda e arreda le case alla giapponese". I commenti si moltiplicano. Davanti al grande foro: "'Sta città sembra fatta coi Lego". Davanti alle latrine intatte: "Che meraviglia, una toilette per 50 selezionati!". Al termine un mistero serpeggia tra i gitanti: l'enigmatico uccello che appare lungo le pareti. "Dev'essere un pollo" dice Isabella Cardona, consulente tessile della Marzotto. "No, è un tacchino" risponde la bionda Joe Grimaudo. Assan, la guida, svela l'arcano: "E' un fallo alato, l'insegna dei bordelli". Lo spiedino di pecora azzannato in piedi ristora gli animi. Ma c'è un limite a tutto e il principe Giovannelli si apparecchia un tavolino e sbuccia la mela col coltello e forchetta. A villa Sirima, residenza romana con magnifici mosaici-kamasutra, Marta inizia l'invettiva contro un villaggio che un tour operator vuol costruire: "Ho convinto Gheddafi a espropriare il terreno" sogghigna soddisfatta. "Da queste parti vorrei costruire la casa per finire i miei giorni". Si avvicina uno dei momenti più attesi: la cena a casa del giovane Gheddafi: bello, colto, dipinge, studia a Londra. Ha pure un piede nella Juventus. Se il papà è il "colonnello", lui per i libici l'"ingegnere", ma la comitiva lo chiama inspiegabilmente "il principe". Si riparte dopo un defilè nella hall, dove Marta mostra i caftani di ultima generazione: "Ne ho sette, costano 500 euro". Dame entusiaste. Una carovana di 18 Mercedes nere con musica araba e aria condizionata a manetta corre a 170 all'ora verso la residenza di Gheddafi jr. Le gomme sfrigolano in curva e i divini mondani tremano. Ma giunti in villa, dopo una lunga stada privata piena di telecamere, ci sono le candele e un tranquillizzante buffet. C'è anche un pullman di sexy modelle bielorusse: le ha invitate Saif per Miss Net World, concorso di bellezza internettiana voluto dal Delfino, che prevede una finale con Naomi Campbell. Ma la vera attrazione sono le tigri albine che il giovane Gheddafi alleva in giardino. "Non mordono" avverte Saif in tunica chic. La principessa Doris Pignatelli cerca di accarezzarne una: "Che carina, vuoi giocare tu?". Roarrrr. No, Barney, la bestiola, non ne ha voglia e lo fa sapere con una zampata che genera urletti. Il museo della rivoluzione libica è un compendio di storia africana e c'è perfino la sezione "animali del deserto con tre teste". Muammar Gheddafi sembra osservare le signore dall'alto dei suoi eterni Ray-Ban a goccia. Le intimorisce lo sguardo severo unito alla consapevolezza che la giornata è di lutto: contro i massacri italiani del colonialismo. Il che, oltretutto, causerebbe una fastidiosa chiusura dei negozi. Invece no, nella Medina Kadima di Tripoli è tutto aperto. E nonostante i veti di Marta ("E' roba di latta "), le minuscole gioiellerie si intasano. Si sbevazzano caffè in bar pulitissimi e tutti gestiti da personale milanista che ostenta quadri della squadra italiana. Giovanelli parla dei Savoia: "La carica storico-emotiva emanante da un sovrano è tale che a lui si può concedere la legittimità del trono, o, nel frattempo il supremo omaggio dell'esilio". Tutti gli altri mostrano il bottino: pelli di leopardo, bracciali e tronchetti fossili da 20 chili. La cena è a Sabratha, sotto le rovine illuminate. In pullman si sfoderano tacchi e abiti da sera, ma pur avvolte nel cachemire le signore hanno freddo. La garrula spensieratezza che emana dal jet set anche in tempi di crisi internazionale fa si che, sul bus verso l'aeroporto, quasi nessuno si accorga delle batterie antimissile sulla spiaggia. Anche perché il tema di discussione è: come si stira uno shiatoush. Si sale sull'aereo Ilyushin 62 "Jalal" alla volta di Sabha e da qui su 30 Land Rover condotte da tuareg che ridono come Eddy Murphy e saltano sulle dune. Sue o tre jeep rimangono a piedi e a un certo punto si scorge la famiglia Sospisio che spinge: "Frizione kaputt" spiega il capofamiglia Ricky. Da un'auto esce un urlo: "E'stupido morire nel deserto!". Ma nessuno muore e tutti si ritrovano a sgranocchiare datteri all'oasi di Mandara, "madre dell'acqua". Un giro in cammello e poi Mothassan, la guida, avverte che il volo Trans-Africa, con comandante venezuelano, copilota libanese e tecnico ucraino attende la truppa. Anche l'autista di Marta Marzotto gesticola in arabo. Ma la contessa lo zittisce con charme: "Si, amore, arriviamo".