Una lettera nella trattativa con Gheddafi
Berlusconi chiese: offrite l’esilio a Saddam
di Paola Di Caro
Del 11 febbraio 2003 da Corriere della Sera
ROMA — Non ha parlato pubblicamente, e ha lasciato che ad esprimersi fossero i suoi ministri - Martino e Frattini - e il vice premier Fini. Perché in queste ore difficili - le più delicate della crisi irachena - un Silvio Berlusconi molto preoccupalo ritiene sia opportuno limitare le parole, scegliere la strada della massima cautela ed evitare strappi, mantenendosi nel solco dell'alleanza con gli Usa che è stata riconfermata ancora domenica ma tenendo aperto un canale di consultazione e di collegamento con gli altri paesi europei.
Per questo il presidente del Consiglio ieri, da Arcore, ha continuato a mantenere contatti intensi con le cancellerie di mezzo mondo - compreso il governo inglese e quello francese - e ha reso pubblica una sua lunga telefonata con il presidente di fumo dell’Unione europea, Kostas Simitis. Con il premier greco il colloquio è stato incentrato soprattutto sull'ipotesi di tenere lunedì prossimo a Bruxelles un vertice straordinario dei paesi dell'Unione, aperto a ministri degli Esteri ma anche ai capi di Stato di governo. Iniziativa questa che la Grecia vuole portare avanti e che fino a qualche giorno fa lo stesso Berlusconi riteneva «utile», ma sulla quale nelle ultime ore il premier italiano starebbe frenando, perché un vertice, allo stato degli atti, potrebbe finire per sancire ufficialmente le profonde divisioni europee anziché ricucire gli strappi.
Ma Berlusconi si muove anche su altri piani, e si tiene in contatto con i leader dei paesi arabi moderati che potrebbero rivelarsi utili per un'estrema mediazione con Saddam Hussein. Fra questi il leader libico Gheddafi, sollecitato da Berlusconi ad attivarsi presso il Raìss di Bagdad perchè venga a più miti consigli e accetti gli aut-aut della comunità internazionale. Ed è di ieri l'indiscrezione che il documento consegnato a Gheddafi da Beriusconi - e del quale lo stesso premier aveva parlato nei giorni scorsi - conterrebbe l'invito ai leader libico ad offrire a Saddam l'esilio a Tripoli, come ultima chances per scongiurare la guerra. Infatti, ancora nel suo discorso agli stati generali di Forza Italia di domenica scorsa, Berlusconi ha sostenuto che l'esilio è l'unica via d'uscita per Saddam per evitare una guerra che lo travolgerebbe. In ogni caso, dalla Libia non sarebbero ancora giunte novità sullo stato della mediazione con Bagdad.
In questo, clima, si capisce come sia ancora in dubbio l'incontro che Berlusconi aveva detto di voler tenere con il numero due iracheno, Tarek Aziz, che giovedì arriverà in Italia per incontrare il Papa: solo nelle prossime ore il premier deciderà se concedere un colloquio al vice di Saddam, o se lasciare che a incontrarlo sia il ministro degli Esteri Frattini, che al momento è l'unico esponente del governo che certamente riceverà la visita di Aziz. E così, in una giornata in cui a dominare è l'incertezza e la grande preoccupazione italiana, nei palazzi romani si diffonde anche la voce che Berlusconi, pronto a spendersi in qualsiasi ipotesi di mediazione che scongiuri la guerra o che comunque tenga unito il fronte occidentale, stia pensando anche di incontrare il Papa, se questo potesse rivelarsi utile alla causa della pace.
Si vedrà già da domani se il governo italiano riuscirà a compiere passi importanti in un'estrema mediazione, anche se - come lo stesso Berìusconi ha ripetuto in queste ore - la situazione si fa sempre più difficile. Non a caso, nell’entourage del premier, la notizia di ieri della disponibilità di permettere il sorvolo sul suo Paese degli aerei spia U2 è stata accolta con scetticismo perché, come dicono gli americani, non è tale da “modificare il quadro della situazione servirebbe molto altro”. E anche rispetto al nuovo asse franco-tedesco-russo c'è freddezza; il veto in sede Nato di Chirac e Schroeder è considerato scontato, vista la situazione, mentre l'alleanza politica dei tre è “cosa risaputa”.