Italia e Libia più vicine
di Robi RonzaDel 29 settembre 2003 da Il Giornale
Una vista del presidente lombardo Formigoni a Tripoli, avvenuta la scorsa settimana a pochi giorni dalla fine delle sanzioni dell'Onu contro la Libia, ha confermato il ruolo che una regione come la Lombardia può svolgere a supporto e complemento della politica estera del governo nazionale. Conclusasi la pluridecennale vicenda dell'aspro confronto tra la Libia di Gheddafi e l'Occidente, e avendo il regime libico deciso di lasciarsi alle spalle l'idea di un socialismo nazionalista arabo che alla prova della storia è fallito, all'interno di una ripresa di estesi rapporti con l'Italia il modello socio-economico lombardo suscita uno specifico interesse. Nei colloqui con Formigoni ciò è stato fortemente sottolineato sia da Saief Muammar al Gheddafi, uno dei figli del colonnello e suo erede designato, sia dal primo ministro Shukri Mohammed Ghanem, ex vicesegretario generale dell'Opec di recente richiamato in patria con il preciso incarico di riaprire e liberalizzare l'economia libica. Avendo sia uno sia l'altro conoscenza diretta della Lombardia e del suo tessuto economico, essi vedono la regione italiana come un primario punto di riferimento in vista di un nuovo sviluppo della Libia basato sulla crescita della piccola e media impresa e non più solo sulla grande industria di esportazione dei prodotti petroliferi. A favore di tale prospettiva gioca la prossimità geografica e storica tra i due Paesi, che è un irrevocabile dato di fatto. Contro giocano invece da un lato gli strascichi del periodo di dominazione coloniale italiana (1911-1943/45); e dall'altra l'amara vicenda della repentina espulsione con confisca di tutti i loro beni dei 20mila coloni italiani (ottobre 1970) nonché i crediti insoluti per 620 milioni di euro accumulati fra il 1969 e il 1994 che 115 aziende italiane vantano nei confronti di enti libici. La fine dell'embargo dovrebbe creare le premesse per una rapida ed equa soluzione dei problemi pendenti e quindi la libera ripresa tra Italia e Libia di rapporti privilegiati paritari che la prossimità rende ovvi. Le memorie di epoca romana, tra cui le due imponenti e suggestive aree archeologiche di Sabratha e di Leptis Magna (che ben meriterebbero di diventare grandi mete di turismo culturale), sono testimonianza di un'epoca in cui, fungendo da area di interscambio tra Italia e Africa Nera, l'attuale Libia giunge così a una floridità poi mai eguagliata. In età romana Sabratha, Leptis Magna e l'odierna Tripoli erano infatti punti d'incontro tra vie carovaniere trans-sahariane e rotte navali mediterranee. Vale la pena di verificare se oggi la Libia possa modernamente riassumere un ruolo del genere. Ciò ne farebbe non solo un luogo di destinazione ma anche un ponte verso flussi di sviluppo economico intercontinentale. Si tratta ovviamente di una prospettiva non immediata, ma non per questo da trascurare se è vero come è vero che senza obiettivi di lungo periodo ben presto gli obiettivi a breve perdono fiato.