Il convegno dell'Airil sui crediti italiani che Gheddafi non onora

di Ruggiero Capone

Del 17 ottobre 2003 da L' Opinione

Trentatré anni di contenzioso Italia-Libya, dovuti anche all’inerzia dei governi italiani che si sono succeduti, sono stati ieri ricordati al convegno dell’Airil (associazione italiana per i rapporti italo libici) dal titolo “le imprese italiane, creditrici della Libia, incontrano la classe politica e gli organi d’informazione sul tema degli accordi disattesi italo-libici”. L’iniziativa è durata dalla mattina alla sera presso la sala congressi Capranica, a pochi passi da Montecitorio. E nonostante la cosa si celebrasse in un luogo prospiciente alle massime istituzioni ben pochi parlamentari sono intervenuti ed alcuni hanno detto d’aver dimenticato l’appuntamento. Altri forse sono stati più onesti: è il caso di quel deputato di An che, invitato da un giornalista de L’opinione ha lasciato alla sua portaborse la risposta “l’onorevole non vuole problemi e non vuole essere più disturbato sull’argomento”. 

Cosa che la dice lunga sulla sensibilità politica di certi deputati della maggioranza (soprattutto An e Forza Italia) che, per molti versi, incarnano solo le peggiori abitudini della Prima Repubblica: i nomi di questi “onorevoli” andrebbero pubblicati, corredando il tutto con la loro scadente attività parlamentare (se la Cdl li ricandidasse andrebbero fatte campagne contro, per tutelare il portafoglio del contribuente). L’iniziativa è comunque andata bene, e dopo la registrazione dei partecipanti, c’è stato il saluto e la relazione di Leone Massa (presidente dell’Airil): ha illustrato lo stato dell’arte sui crediti vantati dalle aziende italiane, alla luce degli accordi del 28 ottobre 2002, e poi le proposte ed i suggerimenti per il governo Berlusconi. Massa ha anche parlato dei carichi che gravitano sulle imprese italiane che operano in quel paese nordafricano, come il regime della doppia imposizione fiscale e contributiva a carico delle imprese che operano in Libia. 

Non sono mancati gli interventi dei parlamentari, dei politici e dei rappresentati delle aziende truffate dalla Libia. Daniele Capezzone (segretario dei Radicali Italiani) è stato tra i primi ad aderire all’iniziativa, ed ha puntato il dito contro l’attuale governo che, al pari dei suoi predecessori, non tutela le aziende italiane che operano all’estero. Arturo Diaconale (direttore de L’opinione) ha spiegato come molti politici vivano un’oggettiva soggezione nei riguardi del potere: nello specifico caso del governo di Tripoli, che usa il petrolio per condizionare la politica energetica italiana. La materia dei crediti italo-libici è stata affrontata giuridicamente da Augusto Sinagra (avvocato e docente universitario di diritto internazionale). Gli unici parlamentari che sono intervenuti al convegno sono stati Luigi D’Agrò (dell’Udc, promotore di un’interrogazione parlamentare sull’argomento), Patrizia Paoletti Tangheroni (Forza Italia, membro della commissione Affari Esteri) e Mario Lettieri (Margherita-Dl Ulivo). E Dario Rivolta (Fi) ha preso il preciso impegno di battersi perché le aziende italiane non siano più calpestate dalla dittatura di Gheddafi. 

L’iniziativa dell’Airil va annoverata per la partecipazione di tutte le sigle che perorano la soluzione dei contenziosi con la Libia: Confindustria, Assoafrica & Mediterraneo e Confitarma hanno partecipato con numerosi delegati. Ed a lasciare intravedere una probabile soluzione ha provveduto l’ambasciatore Riccardo Sessa (dirigente generale paesi del Mediterraneo e Medioriente del ministro Affari Esteri). “L’espulsione dei nostri connazionali dalla Libia nel ‘70, l’istituzione in quel paese del giorno della vendetta - ha rammentato Leone Massa - un atto indegno di un popolo civile, in quanto si tratta di gente che con il proprio lavoro ha reso fertile tutta la fascia costiera per oltre 2000 chilometri (ricordiamo quando negli anni ’30 la Libia esportava dalla Cirenaica il proprio grano verso l’Italia, mentre oggi lo importa!), ha costruito strade, ferrovie, scuole, ospedali e creato tante attività produttive. L’espulsione dei resti mortali dei nostri soldati - ha continuato il presidente dell’Airil - cosa mai avvenuta in altro paese del mondo, dove, al contrario, i morti vengono onorati e rispettati, specialmente se soldati. 

E per venire a fatti più recenti, l’occupazione ed il sequestro, negli anni ’80 dei cantieri di lavoro delle imprese italiane che lavoravano in Libia, nonché il blocco dei pagamenti per lavori e forniture alle aziende italiane per oltre 1700 miliardi di lire dell’epoca, e per i quali oggi ci vedete ancora qui presenti a rivendicare i nostri diritti”. Una disamina cruda quella fatta da Massa, che fa comprendere come la politica italiana sia volutamente prona dinnanzi a Gheddafi. “Molti imprenditori che operavano in Libia dovettero subire umiliazioni e la privazione della libertà, altri, invece, per non fare questa fine, assieme al loro personale scapparono dalla Libia - continua Massa - lasciando documenti personali e dell’azienda attestante i crediti. Trascuro altri avvenimenti ancora oscuri. E, non ultima (perché non so cosa altro abbia fatto contro l’Italia e gli Italiani nelle ultime 24 ore), le dichiarazioni del colonnello Gheddafi del 7 ultimo scorso, che ha minacciato le imprese italiane attualmente operanti in Libia di cacciata e blocco dei pagamenti: così come fece con le altre centinaia di aziende negli anni ’80, rivendicando i famosi danni di guerra e del periodo coloniale”.

Non sono mancate le critiche alle dissolute politiche di governo. “Lo stesso stato Italiano - ha detto Massa - non solo non ha risarcito i suoi concittadini completamente del danno subito, per cui ancora oggi attendono che nella prossima finanziaria esca l’elemosina, ma, in tutti questi anni, lo stato italiano ha preteso le tasse sul loro lavoro ed anche dalla loro pensione. Così pure il ministro degli Esteri Frattini, a giugno, dopo una visita a Tripoli - ha continuato il presidente dell’Airil - dichiarava che l’Italia si doveva adoperare perché fossero tolte le sanzioni alla Libia, e che quel paese era un vero amico dell’Italia. Circa l’accordo di tutela degli investimenti italiani in Libia, sottolineo che questo accordo è stato siglato alla Farnesina con i libici il 13 dicembre 2000, senza consultare le associazioni degli imprenditori o gli stessi imprenditori. Mi sorge il dubbio - ha ironizzato Massa - che siamo ai soliti pastrocchi: perché è in gran parte stravolto il testo base, originale in inglese, usato normalmente dal ministero degli Esteri. Speriamo che l’altro ieri i deputati abbiano avuto il buon senso di modificarlo per tutelare meglio le imprese che andranno ad operare in Libia”. 

E non sono mancate le bordate a Silvio Berlusconi. “Il presidente Berlusconi ci aveva promesso una ristrutturazione della Farnesina - ha detto Massa - e quindi anche delle nostre rappresentanze all’estero. Sino ad oggi è rimasto tutto come prima. E’ più importante se manca lo champagne al club della Farnesina o che la struttura abbia nel suo seno persone che vengono da un’attività professionale già collaudata, come commercialisti, avvocati ed esperti (in quanto hanno vissuto certe esperienze) sui vari problemi che potrebbero trovare le imprese che operano all’estero? Anche per tutto questo attendiamo una risposta. Desidero domandare al governo, ed ai rappresentanti del popolo italiano alla Camera ed al Senato: la nostra proposta di soluzione del problema crediti, con una garanzia sovrana dello stato alle banche disponibili a pagare le imprese creditrici della Libia, ed attendere che la stessa Libia dia attuazione agli accordi di Tripoli del 2002 viene accolta ed in un tempo ben determinato sarà attuata? Attendiamo con urgenza una risposta”. 

Leone Massa ha poi annunziato che, alla fine di questa sua esperienza con l’aiuto di qualche amico scrittore o giornalista, scriverà un libro su questi anni di frequentazione dei palazzi romani. “Sarà un libro bianco satirico-drammatico sulla falsariga del ‘Corricolo’ di Alessandro Dumas, esperienze di un viaggio fatte a Napoli nel 1835 - spiega Massa -. Questo comincia con questa frase: Napoli è una città formata da due strade dove si può circolare ed altre 500 dove è meglio non avventurarsi. Dopo 168 anni, a Napoli nulla è cambiato, neanche in quelle due si può circolare. Il titolo del mio libro potrebbe essere ‘Esperienze romane’ con sottotitolo ‘il sovrano sale a piedi ottantasette gradini’ - conclude il presidente dell’Airil - riferendomi alla mia esperienza, quale membro del popolo sovrano, quando mi sono dovuto recare presso la tribuna della Camera, per assistere al question time”. 

 

 

 

 

 

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