Missili via Yemen, camion dall' Italia: gli strani affari di Tripoli

di Guido Olimpio

Del 21 dicembre 2003 da Corriere della Sera

E' il 9 dicembre di un anno fa. Due unità spagnole vanno all' arrembaggio di un cargo nordcoreano al largo delle coste yemenite. Un blitz scattato in base ad una segnalazione americana. I fanti di marina scoprono sotto un carico di cemento 18 missili Scud e materiale chimico. Secondo i documenti le armi vengono dalla Nord Corea sono destinate allo Yemen. Washington guadagna tempo e poi, a sorpresa, autorizza che siano restituite agli yemeniti. Madrid non nasconde la propria irritazione per lo strano voltafaccia americano. La spiegazione verrà più avanti. Infatti, come hanno rivelato adesso gli spagnoli, i missili erano stati acquistati dalla Libia di Gheddafi mentre lo Yemen si era limitato a fare da schermo per la triangolazione. La Spagna coglie il perché dell' atteggiamento arrendevole degli Usa. Gli americani non volevano compromettere il dialogo in corso con Gheddafi. La storia della nave è solo uno dei molti episodi misteriosi che circondano i rapporti tra la Libia e l' Occidente. A cominciare dal caso della fabbrica di Rabta e del fiume sotterraneo. Nella prima i libici producono elementi per le armi chimiche. Nel marzo del 1990 Tripoli annuncia che l' impianto - ufficialmente serve per realizzare prodotti farmaceutici - è stato distrutto da un incendio. Vengono lanciate accuse agli 007 occidentali mentre l' opposizione in esilio sostiene che si tratta di un trucco e che la produzione è stata trasferita in un altro stabilimento. Sei anni dopo esplode la vicenda legata agli impianti di Tarhuna. All' interno di una montagna vengono scavati due tunnel da 150 metri e larghi 70, protetti da colate di cemento. Parte del lavoro è svolto da ditte thailandesi. Tripoli lo presenta come «il grande fiume», un faraonico progetto di irrigazione. La Cia ribatte: è una base segreta per mettere a punto il gas nervino. Una scoperta che induce il Pentagono a ordinare una superbomba capace di perforare il bunker di protezione di Tarhuna. In entrambi i dossier entrano ed escono società europee. Compagnie tedesche, italiane ma anche americane partecipano ai lavori. Gheddafi paga bene e pochi si preoccupano dell' utilizzo finale degli impianti. Solo un paio di industrie ammettono in Germania di aver aiutato il regime nordafricano a sviluppare armi chimiche. Non mancano altri intrighi. Pesanti camion a sei ruote sono ordinati dai libici in Italia. Di nuovo si cerca di nascondere il peccato. I mezzi - sostengono - serviranno «a trasportare gru». In realtà c' è il forte sospetto che si tratti di motrici per lanciare missili terra-terra. Con l' aiuto di scienziati iracheni e nordcoreani la Libia vuole costruire un ordigno in grado di colpire l' Europa meridionale. Si parla di un accordo di scambio con gli iraniani, anche loro impegnati nel settore missilistico. Gheddafi paga, gli ayatollah collaborano. Come in altre guerre segrete svaniscono degli scienziati, saltano per aria macchine costose. Non mancano le morti inspiegabili. Un agente segreto tedesco, in missione a Tripoli per scoprire i progetti libici, vola giù dal balcone del suo hotel. La versione ufficiale parla di suicidio. In tanti pensano che lo abbiano eliminato e poi messo in piedi una messinscena. I nostri servizi segreti compiono incursioni in Libia e cercano di sventare le vendite di materiale da parte di piccole imprese. I libici rispondono comprando tecnologia doppio uso (civile-militare) nel Nord Italia: una attività condotta fino a pochi mesi fa. La sorpresa più grossa, però, potrebbe averla riservata il colonnello. Fonti arabe sostengono - senza peraltro fornire prove - che Gheddafi avrebbe incontrato George Bush ad Aqaba, in Giordania, a margine del vertice tra il palestinese Abu Mazen e l' israeliano Ariel Sharon. Fantapolitica? Forse. Ma quando c' è di mezzo l' imprevedibile colonnello non si può escludere nulla.

 

 

 

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