Salta l’accordo Roma-Tripoli. Gheddafi non paga le imprese italiane
di Dimitri BuffaDel 11 aprile 2003 da La Padania
Gheddafi è riuscito a bidonare persino Berlusconi. Non rispettando le modalità di pagamento concordate lo scorso 28 ottobre a Tripoli in un incontro al vertice. E le imprese italiane creditrici da decenni della Libia non assicurate dalla SACE restano così senza soldi e speranze. L’epilogo inglorioso della telenovela lo si legge in una lettera datata 1 aprile 2003 scritta proprio da Massa al Presidente del Consiglio. “La gestione da parte della Farnesina dell’attuazione degli accordi di Tripoli è stata quanto di più fallimentare si possa pensare” – scrive Massa. Perché ? “Mancanza di indirizzo” nei confronti dell’associazione Libia-Italia e dell’Unione delle banche arabe europee (UBAE) nell’applicazione dei tassi di cambio: segretazione immotivata fino al 30 novembre del protocollo di Tripoli; inspiegabile divieto per ALI ed UBAE di avere contatti diretti con le aziende per la disamina dei titoli di credito e dei relativi documenti; mancato coordinamento di ALI ed UBAE; mancata fornitura alle aziende italiane (contrariamente a quanto accaduto alle controparti libiche) dei rapporti di suddetti Enti. Per non parlare dell’invadenza delle banche arabe nella valutazione e nella quantificazione del debito libico e per la sottomissione ai loro desiderata da parte del Ministro degli Affari Esteri. Che in pratica ha voluto che gli esponenti dell’UBAE si recassero alla Farnesina ad esaminare insieme a loro tutto il carteggio. L’UBAE ha posto persino dei veti per il riconoscimento dei crediti per cui era diversa la titolarità tra il momento della produzione del danno ed oggi, o derivanti da beni confiscati a imprese italiane nel 1970. Per giunta riportando le valutazioni al solo capitale escludendo interessi anche in presenza di sentenze libiche che li riconoscevano. Non riconosciuti nemmeno i crediti conseguenti ai danni per sequestro di cantieri e attrezzature o anche per la parte non assicurata dalla SACE di lavori o forniture inizialmente coperti da tale assicurazione. Insomma i libici hanno fatto da padroni alla Farnesina ed alla fine la proposta indecente rifiutata dall’A.I.R.I.L., era la seguente: non 870 milioni di dollari più interessi, ma poco più di 600 milioni di dollari e senza interessi. Prendere o lasciare. Il tutto con la benedizione dell’ambasciatore Badini, apparentemente molto più attento alla diplomazia con la Libia che agli interessi dei cittadini italiani. Totale ? Tutto è andato a ramengo e nel frattempo strani personaggi libici hanno cominciato a telefonare alle singole imprese italiane chiedendo loro soldi in cambio di fantomatiche inclusioni in liste di creditori che sarebbero stati liquidati. Una tangente insomma che univa lo scorno al danno. Dice ora il Presidente dell’A.I.R.I.L. Leone Massa a La Padania “finirà che dovrò chiedere la protezione dell’Antimafia”.