Parigi pronta al dialogo sulle sanzioni, Berlino e Londra più caute.
Il nodo irrisolto dei risarcimenti per le vittime delle stragi degli anni '80 a bordo di due aerei e in una discoteca
di Claudio Linder
Del 26 giugno 2003 da Corriere della Sera
BRUXELLES - L'Europa si appresta a compiere un secondo passo, più deciso del primo, per aprire un varco nell'embargo alla Libia. I quindici rappresentanti permanenti all'Unione europea, riuniti nel cosiddetto Coreper, hanno ieri dato via libera a una nuova missione tecnica a Tripoli chiedendo alla Commissione guidata da Romano Prodi di istituire un gruppo di lavoro per i dettagli operativi. La missione avrà un mandato più ampio di quella precedente, svoltasi a maggio. Non dovrà soltanto fare il punto con i libici sui flussi migratori dalle regioni dell'Africa centrale, bensì valutare le soluzioni possibili per frenare i clandestini ipotizzando una deroga alle sanzioni economiche in vigore dall'aprile del 1992. A spingere è soprattutto l'Italia. Il Paese maggiormente colpito dall'ultima ondata di sbarchi. Inoltre, la delegazione tecnica sarà più folta visto che ai funzionari della Commissione si affiancheranno questa volta esperti nazionali. Italiani in prima fila. I tempi prevedibili della nuova "esplorazione" vengono collocati da fonti autorevoli attorno ai venti giorni. Secondo le stesse fonti, il dibattito ha consentito di superare soprattutto le riserve anche ieri esplicitate dalla Germania. Almeno per il momento. Le notizie drammatiche lette in questi giorni avrebbero convinto gli scettici, dai tedeschi ai francesi e agli inglesi, quanto meno a esaminare un'eccezione all'embargo nella considerazione che le attrezzature chieste da Tripoli per bloccare le carrette del mare non sono assimilabili alle "armi disegnate per uccidere" vietate ai libici. Si tratta infatti di motovedette, visori notturni, apparecchi di telecomunicazione, come da più parti sottolineato, che Geddafi sostiene di non avere, ma di poter pagare ai fornitori. Il Colonnello usa l'"arma" dell'emergenza clandestini per esercitare pressioni e ottenere l'abolizione delle sanzioni Ue. D'altra parte tre grandi d'Europa come Francia, Germania e Gran Bretagna hanno conti aperti con Tripoli per gli attentati subiti alla fine degli anni Ottanta. Londra (assieme agli americani) ha raggiunto in marzo un accordo per il risarcimento alle famiglie delle 270 vittime della strage di Lockerbie, quando un aereo della Pan Am esplose in volo e l'inchiesta si concluse con la condanna di due presunti agenti segreti libici: i recenti negoziati hanno portato Tripoli ad accettare di rimborsare due miliardi e settecento milioni di dollari, ma sono sempre stati smentiti dalle autorità libiche ritenendoli contatti di e tra privati. La Francia attende gli indennizzi di un'altra strage firmata Gheddafi, quella del volo Uta 772 Brazzaville-Parigi che scoppiò sul Niger facendo 171 vittime. Era il 19 settembre 1989. Proprio oggi a Parigi è prevista una nuova protesta dei familiari "in collera", che manifesteranno sulle opportunità del mercato libico per le imprese francesi. Infine i tedeschi, irritati perché ancora non si è trovata una soluzione per risarcire le vittime dell'attentato alla discoteca di Berlino "La Belle" nell' aprile 1986. Un pool di avvocati ha trasmesso in gennaio un dossier di 380 pagine sull'istruttoria descrivendo con dovizia di particolari il coinvolgimento dei servizi segreti di Gheddafi senza finora ricevere risposta. In quell'occasione vi furono tre morti e circa duecento feriti. Gli elementi di tensione e quindi le perplessità politiche restano. Gli stessi americani hanno alzato la voce martedì ribadendo che le sanzioni devono essere mantenute e che non bisogna farsi convincere da chi vede un Gheddafi cambiato e ormai lontano dal terrorismo. "La Libia - avvertono a Washington - deve ammettere la sua responsabilità nell'attentato di Lockerbie, risarcire le famiglie delle vittime e rinunciare formalmente, con una dichiarazione scritta, al terrorismo". I repubblicani americani sono in realtà divisi tra i "falchi" intransigenti della politica e le "colombe" attente ai possibili affari petroliferi. Ma il via libera di ieri apre spiragli. Gli inglesi hanno annunciato che si pronunceranno sulla "deroga" una volta studiato a fondo il rapporto della nuova missione Ue. Parigi si dice a favore di un approccio comunitario e di un dialogo con Tripoli sottolineando che "il problema dell'embargo è soprattutto angloamericano". E all'orizzonte si profila un nuovo test per la politica estera europea. Dieci Paesi su quindici hanno ambasciate e "parlano" con la Libia. Riuscirà l'Europa a "parlare" con una voce unica ?