Seif, figlio del leader libico Gheddafi: "Non siamo l'Europa pacifica, il Medio Oriente è una regione in ebollizione". "Molti volontari dai Paesi arabi combatteranno al fianco di Bagdad"
di Maurizio CapraraDel 15 gennaio 2003 da Corriere della Sera
ROMA - Per quasi un'ora, tutto sommato, è stato diplomatico. Impeccabile, con la sua giacca blu e la sua cravatta da finanziere inglese, niente a che spartire con le tuniche beduine indossate orgogliosamente da suo padre, ha spiegato come metterebbe d'accordo Nord e Sud del mondo e come riformerebbe l'Onu. Poi, appena gli è stato domandato un parere sul possibile attacco americano all'Iraq, Seif El Isiam Gheddafi, primogenito trentenne del Colonnello libico Muhammar, ha pronunciato frasi pirotecniche simili a quelle nelle quali il genitore è un maestro: "La mia famiglia viene proprio dall'Iraq. Siamo emigrati, forse clandestinamente, 500 anni fa. Ci offriremmo volontari per combattere con gli iracheni contro l'aggressione...Credetemi, questa è la posizione di mio padre, di quanti vivono in Algeria, sui monti del Pakistan. Vedrete molti volontari da Libia, Arabia Saudita, Egitto e altri Paesi arabi". La platea di professori e studenti riuniti nell'Università di Tor Vergata, ieri, è rimasta ad ascoltare con attenzione. Invitato a tenere una conferenza sulla globalizzazione, Gheddafì junior aveva premesso di non parlare a nome del proprio Stato. Dopo le parole sui volontari il ministro Carlo Giovanardi, che era intervenuto apprezzando il suo discorso, ha aspettato una pausa per far risultare agli atti: "Sulla seconda parte ho delle belle divergenze". Seif ha tirato dritto. Senza mai alzare la voce. Toccando tasti lontani da alcuni pacifismi occidentali impomatati. "Nessuno può fermare la corsa alle armi di distruzione di massa in Medio Oriente. Forse nessuno può dirlo, ma io sì", ha fatto notare. "Esistono razzi che arrivano a 2000 chilometri. Quindi neanch'io, a casa, sono sicuro", ha aggiunto. Gettando ogni colpa sul nemico abituale: "Non si può stare sicuri sotto l'ombrello atomico di Israele. Tanti arabi ci si svegliano ogni giorno. Se voi mi terrorizzate, io devo terrorizzare. Solo da qui arriva l'equilibrio". Comunque le si giudichino meritano di essere riferite, le tesi di Seif. Perché non esagera quando avverte "girate per le strade di Cairo, Tripoli, Casablanca; otterrete le stesse risposte". La sua proposta al "Nord" è: "Se vogliamo ridurre le armi dobbiamo firmare un contratto, voi ed io. Allora non avremo bisogno di comprarne. Il Medio Oriente è un barile di benzina che può esplodere". Poi, un altro avviso. Continuerà la collaborazione libica contro il terrorismo con Usa e Gran Bretagna ? "Mentre le intelligence occidentali chiedono molto a noi per i terroristi segnati sulla loro lista, non cooperano altrettanto su quelli della lista nostra. Potremmo sospenderla. O è a due sensi o non ha senso".