Supporto alla Libia contro gli sbarchi
da Roma Antonio Maria MiraDel 27 giugno 2003 da Avvenire
I soldati italiani dopo 60 anni torneranno in Libia. Forse. E comunque non in vesta di invasori, ma per controllare le rotte del traffico di clandestini. Lo ha annunciato, decisamente a sorpresa, Silvio Berlusconi ieri pomeriggio al Senato illustrando il programma del governo italiano per il semestre di presidente Ue. Ma in serata è arrivata la secca smentita del ministero degli Esteri libico raccolta dall'Ansa: "Nessuna comunicazione sull'invio di soldati in Libia, che sono per adesso solo idee della parte italiana". Anzi la proposta "no sembra possa essere neppure discussa". Eppure il premier era stato molto chiaro. "Ci stiamo preparando alla firma congiunta di un accordo che prevede l'invio di soldati italiani per il controllo dei porti libici e delle frontiere e che consentirà alle nostre navi di navigare nelle acque libiche". E poi aveva aggiunto che l'accordo sarebbe nato anche grazie al "mio personale intervento" presso il colonnello Gheddafi. Un'iniziativa che ricorda il precedente con l'Albania anche se la situazione in Libia è certamente diversa dal punto di vista della solidità del governo e dell'economia. Ma è soprattutto un cambiamento "epocale" dei rapporti tra i due Paesi, dopo anni di tensione fino al limite della rottura. Poi in serata è arrivata una precisazione di Palazzo Chigi e i contenuti dell'accordo sono apparsi molto diversi. I soldati italiani non andranno, come aveva annunciato Berlusconi, a "controllare i porti libici", ma a svolgere "forme di esercitazione congiunta a terra, all'interno e all'esterno delle acque territoriali libiche, per la prevenzione e per il controllo dei flussi immigratori clandestini in partenza dalle coste libiche". E sono le autorità libiche, precisa ancora la nota, a essere "competenti per il pattugliamento del mare antistante le coste della Libia". L'accordo, dunque, prevede solo "la collaborazione dell'Italia e un sostegno nell'addestramento e nella logistica alle autorità libiche". Comunque, il "memorandum di intesa" è ancora "in corso di negoziazione tra il ministero degli Affari Esteri, il ministero dell'Interno e le autorità libiche". Insomma, niente ancora di definito. Palazzo Chigi aggiunge, infatti, che "ulteriori particolari saranno resi noti alla conclusione del negoziato che si auspica possa avvenire in tempi molto brevi". Ultima notazione, si esprime "pieno apprezzamento per la collaborazione e la disponibilità fin qui dimostrate dalle autorità libiche". Una frase che sembra voler buttare acque sul fuoco delle accuse che da alcuni esponenti della maggioranza erano venuti alla Libia. Ma da Tripoli si frena. "Massima disponibilità alla collaborazione" ma, si puntualizza, "nei termini in cui è stata presentata al Parlamento la proposta per il dispiegamento di militari italiani in territorio libico, non sembra possa neppure essere discussa, perché tocca temi costituzionali e principi della sovranità dello Stato, argomenti di estrema delicatezza". Si chiude, però, con un apertura: "Siamo sicuri che il ministro degli Interni italiano verrà in Libia nei prossimi giorni fornirà i dettagli della proposta sui quali sarà possibile raggiungere intese". Prevedibile la sferzante reazione dell'Ulivo. Lapo Pistelli Responsabile Esteri della Margherita definisce "sconcertante la leggerezza e l'improvvisazione" del premier: "La spedizione libica affonda nel ridicolo prima ancora di essere partita".