«Noi, rimpatriati dalla Libia e dimenticati dal nostro governo»
Del 29 giugno 2003 da Corriere della Sera
«L’unica buona notizia riguarda il cimitero: un nostro rappresentante potrà andare a Tripoli per esprimere un parere su come sistemare il cimitero italiano, danneggiato da una lunga incuria, E se questa, che pure ci sta a cuore, è la sola novità positiva, le cose non vanno bene», dice Giovanna Ortu, la presidente dell'Associazione italiani rimpatriati dalla Libia. Dal suo punto di vista, il negoziato tra il nostro Paese e la Jamahiria sulla lot-ta all'immigrazione clandestina rischia di essere un'occasione mancata.
Perché tanta insoddisfazione?
«Il governo si sta occupando dell'immigrazione e del gran volume di affari che l'Italia ha con la Libia, ma non di noi. I pochi soldi destinati all'indennizzo per i danni che subimmo cadono sempre sotto la scure di Tremonti. E non è che chiediamo molto. Neanche il Paese dal quale fummo cacciati 33 anni fa riescono a ottenere passi avanti da Tripoli. Sospetto che il governo ci consideri colpevoli».
Il governo italiano? Non «quello libico?
«Io, che avevo un padre arrivato in Libia nel 1917, non rinnego il nostro passato colonialista. La storia, che non si ripete, non si cancellai. Ma perfino il ministro degli Esteri libico Shalgham, quando nel 2002 sono stata riammessa lì una volta, mi disse: ce l'abbiamo con il colonialismo, non con voi singoli. E infatti in Libia «ebbi grandi manifestazioni di affetto».
Quali rimborsi rivendicate?
«Ad essere mandati via da Gheddafi, nel 1970, fummo in 20 mila.. Altri 5mila se n'erano andati nei dieci i mesi precedenti. Ci accontenteremo di 250 milioni di euro da stanziare in più anni. I beni che ci confiscarono, 33 anni fa, furono valutati in 400 miliardi di lire di allora. Le domande di rimborso al Tesoro sono 6.500. Potemmo presentarle soltanto al governo italiano, il solo titolato a ricorrere contro la violazione del trattato».
Le ultime risposte?
«Berlusconi mi promise una soluzione, poi nella Finanziaria c'è stato soltanto uno stanziamento, mal congegnato, di 2 milioni e mezzo di euro per tre anni. Offensivo. E il 5 giugno il ministro degli Esteri, Frattini, ha sostenuto che sui visti confidava in "un gesto di disponibilità umanitaria" del governo libico. Ma insomma, un po' di dignità: forse non era neanche stato informato che i libici avevamo già preso impegni formali nel 1998».