La Libia: "Pronti a collaborare", ma l'accordo è ancora lontano
di Guido RuotoloDel 30 giugno 2003 da La Stampa
Poco è trapelato dell'incontro che il ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, ha avuto in mattinata a villa Certosa con il premier Silvio Berlusconi. Tema del colloquio, naturalmente, l'imminente visita del ministro Pisanu a Tripoli, per siglare un primo accordo con i libici per il contrasto (comune) dell'immigrazione clandestina. Non è un caso che attorno al vertice sia calato il velo della riservatezza. Sono queste, infatti, le ore decisive per portare a buon fine la trattativa che da stamani riprenderà tra le due delegazioni "tecniche". A Roma, infatti, è arrivata una missione da Tripoli con le risposte, le eventuali controproposte, le modifiche alla bozza messa nero su bianco dal ministero dell'Interno, dal prefetto Alessandro Pansa che guida la delegazione italiana al tavolo del "confronto" per raggiungere 1'"intesa" tecnico-operativa.
Una intesa che, a dire il .vero, era stata trovata nelle settimane scorse a Tripoli, quando il ministro dell'Interno libico aveva discusso con Una delegazione italiana le possibili forme di collaborazione per contrastare il fenomeno immigrazione clandestina, del traffico di "esseri umani". E non è stato un confronto che partiva da zero, giacchè in questi mesi si è avviata una positiva collaborazione non solo tra le forze di polizia dei due Paesi ma anche, come ha rivelato il presidente del comitato di controllo parlamentare sui Servizi, Enzo Bianco, tra i servizi segreti di intelligence: "La Libia - ha detto Bianco - ha collaborato con i nostri servizi di intelligence dando un contributo prezioso nella lotta al terrorismo dopo l'11 settembre".
I segnali per cercare di capire cosa accadrà nelle prossime ore sono contraddittori. Intanto, il silenzio e i messaggi rassicuranti inviati dal ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, preoccupato di ricucire a monte lo strappo che si era consumato la settimana scorsa, sarebbero stati interpretati positivamente dai libici. Anche se ieri l'agenzia di stampa Associateci Press ha rilanciato nel circuito internazionale un'intervista al ministro degli Esteri libico, Abdeirahman Shalgham, che ha ribadito che "la Libia non permetterà pattugliamenti italiani" dei propri porti, una ipotesi, ha sottolineato ancora Shalgham, "che non è neppure un argomento accettabile per negoziati".
Dunque, da Tripoli arriva sì una doccia fredda, una delusione per le aspettative italiane, una bocciatura di un capitolo della bozza dell'accordo inviata da Roma a Tripoli, che prevedeva la presenza di alcuni mezzi navali italiani in prossimità delle coste libiche, ma anche una volontà di trovare un accordo. Infatti, il ministro Shalgham ha poi aggiunto che la Libia è pronta "a collabo-rare con l'Italia per porre sotto controllo il flusso di immigrati clandestini in partenza dalle nostre coste, ma non a scapito della nostra sovranità". Una preoccupazione ben presente al ministro Pisanu, che da Porto Rotondo ha voluto sottolineare che "non è in discussione la sovranità territoriale della Libia". E, allora, si tratterà di intendersi sulle forme più efficaci di collaborazione tra i due Paesi.
L'ipotesi italiana andava incontro, in qualche modo, anche alla richiesta libica di superamento dell'embargo europeo. In sostanza, il punto di vista di Tripoli sulla "catastrofe" che rappresenta per la Libia l'immigrazione è ben presente. Se il problema, infatti, è l'impossibilità di controllare i confini interni, da dove arrivano gli immigrati, il nostro Paese si è dichiarato disponibile a inviare in Libia elicotteri e aerei di ricognizione per monitorare questi confini. Nelle settimane scorse, funzionari del nostro ministero dell'Interno hanno potuto verificare direttamente la situazione alle frontiere interne, rendendosi conto che, spesso, quei confini sono segnati da "due fusti di petrolio". E che a pattugliarli, in alcuni casi, vanno ronde settimanali.
Alla vigilia della ripresa dei negoziati "tecnici" tra le due delegazioni, una fonte libica precisa: "Non si può chiedere a noi .di trasformarci in guardiani per voi italiani. Non si può ridurre il problema dell'immigrazione clandestina a una questione di quanti aerei, motovedette e uomini debbano servire. Noi non punteremo i nostri fucili contro gli immigrati". La fonte libica aggiunge: "C'è bisogno, invece, di un impegno straordinario internazionale, dell'Europa, così come si è fatto per la lotta al terrorismo e alla droga, per definire un programma di azioni per intervenire alla fonte del fenomeno, per creare le condizioni che consentano a quei giovani disperati di non abbandonare i loro paesi per intraprendere la strada dell'immigrazione".
Anche questa fonte noi chiude la porta all'accordo Anzi, la tiene ben aperta. Li notizia dell'ennesimo naufragio al largo delle coste tunisine impone, oggettivamente una accelerazione all'intese ma proprio per questo, come in ogni trattativa che si rispetti, nelle ore che precedono le "firma" è importante non scoprire le proprie carte. I libici, sembrano chiedere, che dall'Italia (e dall'Europa) arrivi un segnale di impegno concreto non solo per il superamento dell'embargo ma anche per un programma di interventi mirati ai paesi dell'Africa centrale da dove partono gli immigrati. Un segnale che non potrà venire oggi, dall'incontro tra le due delegazioni "tecniche".