Per Blair un thè nel deserto. A Tripoli
di Aldo TorchiaroDel 25 marzo 2004 da L' Opinione
Al nuovo corso libico si aggiunge oggi, con la visita di Tony Blair, un passaggio strategico davvero importante. Il colonnello Gheddafi ha intrapreso da mesi, prima con i risarcimenti alle vittime del terrorismo, poi con la rinuncia al materiale bellico non convenzionale, un percorso a senso unico che gli vale riconoscimenti unanimi da parte europea ed americana. Tony Blair, il primo rappresentante del governo britannico a visitare la Libia negli ultimi sessant'anni, giunge in Libia carico di aspettative e soprattutto a ridosso della giornata madrilena di lutto per le vittime del terrorismo. Benché la sua visita abbia in fieri i connotati della straordinarietà storica, Blair, non si sottrarrà al rituale thé nel deserto, sotto la tenda vicino Tripoli in cui usualmente Gheddafi accoglie gli ospiti. Ieri il leader della rivoluzione libica si è invece precipitato all'aeroporto. Dove un postino d'eccezione, l'inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Burns, ha consegnato a Gheddafi una lettera del presidente Bush. Per quanto a lungo attesa, la lettera è stata segretata dal governo di Tripoli, che ha soltanto concesso all'agenzia d'informazione libica Jana di accennare ad un contenuto incentrato sulle “relazioni bilaterali e la situazione internazionale”. Sappiamo che Burns ha incontrato, oltre a Gheddafi, l'ambasciatore libico in Italia, Abdel Atti Obeidi, e ha poi esaminato nel merito alcune questioni con il ministro degli Esteri, Abdel Rahman Shalgham. Durante il colloquio, Burns avrebbe ribadito il sostegno dell'amministrazione americana alla “perestrojka libica”. Gheddafi junior, al secolo Sayf al-Islam Gheddafi, era due giorni fa a Parigi per incontrare il presidente Jacques Chirac, ha trovato anche il modo di preparare il terreno per la visita di Blair. L'articolo è apparso, giocando a carte scoperte, sul quotidiano arabo di Londra, Al Hayat, con un titolo esplicito: “La Libia deve diventare un paese aperto e democratico”. Il vocabolario usato è quello che piace a Downing Street: “Stiamo allineando la Libia alle coordinate della democrazia che l'Europa ha indicato. Tra gli altri paesei, la Francia vuole cooperare e lavorare con la Libia per la costruzione di un Grande Medio Oriente”, ha dichiarato, “perché ha capito che il popolo libico è interessato alla pace, alla libertà, ai diritti umani…” Il messaggio è chiaro: la porta per Londra è aperta. Come sono aperti i bandi di gara per le commesse petrolifere. Parigi si è già fatta avanti, Chirac visiterà Tripoli in aprile. Il primo ministro libico, Shukri Ghanem, ha promesso di ricambiare a stretto giro. Corteggiando i lettori “istituzionali” il giovane Gheddafi si iscrive al partito dei willing: “La Libia deve essere un paese aperto e democratico. Se non lo fosse con determinazione, rischierebbe di diventare un paese reazionario, dittatoriale e fascista”. Sayf al-Islam Gheddafi mantiene al centro dell'attenzione il disarmo. E si lascia andare a qualche confessione. “In Libia eravamo su una brutta strada. Abbiamo avuto tanti, troppi problemi con l'Occidente”. Scartando l'escalation della contrapposizione armata, rimane la via del negoziato. Prende ad esempio la causa palestinese per dire che “I Palestinesi hanno scelto la via della violenza e da sessant'anni non ottengono nulla. Noi siamo convinti assertori della via politica”. Se questo tappeto diplomatico si prepara a srotolarsi davanti ai piedi di Blair, un altro tipo di preoccupazione attanaglia i servizi di sicurezza inglesi. Dal maggio 2002 nella lista dei fiancheggiatori di Al Qaeda è inserita (risoluzione Onu 1390/2002) anche la struttura libica denominata GSPC, Gruppo combattente islamico libico. Di questa organizzazione si sa molto poco, ma rimane attiva e pericolosa. Si teme possa colpire l'uomo-simbolo dell'alleanza angloamericana. Il presidente tedesco Rau aveva annullato ieri la visita prevista a Gibuti dopo che l'intelligence tedesca lo aveva messo al corrente di analoghe minacce dei terroristi nei suoi riguardi. La sicurezza di Blair, paradossi della storia, sarà domani nelle mani di Gheddafi.