La Libia non paga i debiti

di Paolo Trapani

Del 25 febbraio 2006 da La Padania

Le imprese italiane che vantano crediti per migliaia di miliardi di vecchie lire col regime libico di Gheddafi sono di nuovo sul piede di guerra. Protestano vibratamente dopo aver letto il comunicato stampa del Governo italiano che nella seduta di giovedì ha affrontato la questione. «Al fine di dare seguito alle convergenti indicazioni emerse dalla riunione congiunta delle Commissioni esteri e difesa di Senato e Camera - si legge nella nota di Palazzo Chigi - il Consiglio dei Ministri ha deciso di adottare tutte le iniziative opportune a dare respiro strategico e forte valenza operativa alla partnership Italia-Libia, assegnando priorità all’esigenza di continuare a ricercare con la parte libica una soluzione accettabile del contenzioso economico sui crediti che vantano le aziende italiane». Ma le imprese italiane non sembrano affatto soddisfatte. Riunite fin dal 2001 nell’Airil, l’Associazione italiana per i rapporti italo-libici che è presieduta dall’ingegnere Leone Massa, le aziende del nostro Paese lamentano ancora una volta che nessun efficace e concreto provvedimento è stato varato per risolvere una questione tanto annosa quanto complessa e delicata. Quella delle imprese italiane in Libia è un problema di vecchia data. A cavallo degli anni ’70 ed ’80 il regime libico varò un massiccio piano di nazionalizzazione dell’economia. Il colpo per le aziende italiane fu durissimo. Secondo le stime più accreditate circa 120 imprese oggi vantano crediti. L’ammontare si aggira, per la sola sorta capitale, a oltre 800 milioni di euro. Tra le aziende rimaste a bocca asciutta anche grossi gruppi industriali, oltre a una miriade di piccole e medie imprese. L’Airil associa una buona parte delle aziende italiane che sono in possesso di documenti comprovanti i propri crediti tra i quali addirittura sentenze di tribunali libici. Finora il governo libico avrebbe voluto transigere in maniera forfetaria il problema. Ma le proposte non sono mai state giudicate soddisfacenti perché secondo i creditori questa iniziativa libica avrebbe consentito di coprire a malapena un terzo del dovuto e comunque riferito alla sola sorta capitale dei crediti. E proprio Leone Massa ricorda come la sua associazione abbia più volte chiesto al governo italiano di concedere una garanzia sovrana alle imprese creditrici in modo che i crediti fossero soddisfatti da istituti finanziari italiani ed esteri e in attesa che il governo del nostro Paese si facesse poi pagare il dovuto da quello libico. Ma anche questa strada non è stata percorsa fino in fondo. «In uno Stato di diritto quale l’Italia e in osservanza del dettato costituzionale, il Governo italiano è tenuto a tutelare i diritti derivanti dal lavoro dei propri connazionali all’estero - spiega un comunicato dell’Airil a commento delle ultime decisioni dell’esecutivo italiano - e per tale ragione l’associazione ribadisce che una soluzione accettabile per chiudere il contenzioso economico sui crediti vantati dalle imprese italiane è il rispetto del diritto sino al pieno soddisfacimento dei crediti». La questione dei crediti è ostacolo anche allo scambio commerciale presente e futuro tra i due Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. «Pretendere il rispetto del diritto per i crediti pregressi è la base fondamentale per la cooperazione e l’interscambio commerciale futuro fra Italia e Libia - spiega il Presidente dell’Airil Leone Massa - e le misure altamente significative espresse nel comunicato della Presidenza del Consiglio possono e devono essere una conseguenza del pagamento dei crediti sofferenti da decenni».

 

 

 

 

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