Minoli, Gheddafi e Totò sceicco

di Arturo Diaconale

Del 27 febbraio 2006 da L' Opinione

Tra il governo libico e Rai 3 sembra esserci un accordo preciso. Ogni volta che le relazioni tra Roma e Tripoli tornano a diventare tese per un qualsiasi accidente, ecco che puntuale come una cambiale il terzo canale del servizio pubblico radiotelevisivo italiano trasmette una vecchia inchiesta del direttore di Rai Educational Giovanni Minoli sulle nefandezze commesse dal colonialismo fascista nella cosiddetta “quarta sponda”. Scoppia il caso Calderoli ed in Libia si accende la rivolta antigovernativa? Ecco che ricompare il programma di Minoli che sbatte in faccia agli italiani le loro presunte responsabilità storiche. Intendiamoci, l’inchiesta è di grande efficacia e realizzata, come tutti i programmi di Minoli, con grandissima professionalità e competenza. Ci sono le immagini della Libia fascista dell’Istituto Luce, le testimonianze delle vittime del colonialismo, le commemorazioni nostalgiche degli italiani discendenti degli immigrati nello “scatolone di sabbia” e l’intervista al Colonnello Gheddafi in cui il leader libico torna a condannare i misfatti compiuti ai danni dei suoi connazionali dal nostro Paese. Insomma, un servizio giornalistico perfetto. Ovviamente secondo i canoni politicamente corretti di quella storiografia del colonialismo italiano impersonificata da Angelo Del Boca secondo cui, il peccato coloniale degli italiani è intollerabile, imperdonabile e incancellabile. L’unico guaio, però, è che tanta perfezione rispunta con incredibile puntualità sugli schermi della televisione pubblica italiana ogni qual volta il governo libico ha qualche contenzioso da sollevare nei confronti di quello italiano. E allora la circostanza, soprattutto quando diventa non solo ripetuta, ma addirittura ossessiva, incomincia a sollevare qualche interrogativo. Sulla ragione della concomitanza, sui contenuti della trasmissione. E, in generale, sul singolare motivo per cui la storia possa procedere con incredibile velocità per ogni paese del mondo tranne che per l’Italia e la Libia, di fatto ferme nei loro rapporti all’indomani della seconda guerra mondiale. Esiste una risposta unica a questi interrogativi? Esiste. Ed è quella che nella trasmissione di Minoli brilla per la sua più assoluta assenza. Questa risposta si chiama petrolio e dipendenza energetica italiana. Il Colonnello Gheddafi tiene acceso da decenni il risentimento anti-italiano per commercializzare da posizioni di forza il petrolio libico con il nostro Paese. Non importa se dal ’69 ad oggi, cioè da quando Gheddafi è al potere, l’Italia abbia aiutato, sostenuto e coperto ogni oltre ragionevole limite il dittatore di Tripoli. Quest’ultimo sostiene strumentalmente che le colpe coloniali non hanno prezzo e non si estinguono in alcun modo. Così impone e dispone nei confronti dei governi italiani, di qualsiasi colore essi siano, a seconda delle sue necessità e dei suoi capricci. La repressione di Rodolfo Graziani risale agli anni ’20, il grande esodo degli italiani dalla Libia alla fine della guerra, la cacciata di quelli rimasti agli inizi degli anni ’70. Eppure, benché più di ottanta anni siano passati dalla esecuzione di Omar al-Mukhtar, più di sessanta dalla cacciata degli agricoltori italiani colonialisti e fascisti e quasi quaranta dalla eliminazione di qualsiasi presenza italiana in Libia, il Colonnello tiene aperta la ferita ed i suoi fiancheggiatori italiani in veste di storici e di autori televisivi lo aiutano a rendere la piaga sempre più purulenta. A dispetto della reale storicizzazione degli avvenimenti. Non sia mai che il vulnus si richiuda ed il governo libico possa perdere l’arma con cui contratta al meglio il prezzo del suo petrolio! Non ce l’ho con Minoli, con Rai 3 o con il Governo italiano. Capisco le conseguenze, spesso amare, della ragione di stato. Le capisco al punto che pur avendo condotto con “L’opinione” lunghe campagne in favore del riconoscimento dei diritti delle aziende italiane che vantano crediti riconosciuti e mai pagati dal governo libico, evito di tirare in ballo questo argomento. Ma fino a quando il ricatto sul petrolio di Gheddafi dovrà obbligarci a coprirci il capo di cenere? E fino a quando il nostro Governo dovrà subire le forsennatezze del Colonnello e dei suoi figli preoccupandosi anche di sostenere l’augusta famiglia dai rischi crescenti della rivoluzione dei fondamentalisti islamici? In attesa di risposte sarebbe interessante che Rai 3 incaricasse Rai Educational di realizzare un nuovo programma televisivo sulla Libia. Un programma che partisse dal confronto tra le case bianche di Bengasi degli anni Trenta e quelle grigie e scalcinate di oggi. E spiegasse che fine ha fatto il fiume di denaro che l’Italia e gli altri paesi occidentali hanno pompato in questo lunghissimo periodo di tempo al governo di un Paese che, a dispetto delle sue ricchezze petrolifere, impone alla propria popolazione di vivere in condizioni di regresso rispetto al tanto aborrito periodo coloniale. Mi rendo conto che un programma del genere, incentrato sulla responsabilità di una dittatura che tiene in povertà il proprio popolo per aumentare le proprie ricchezze, farebbe un favore ai fondamentalisti islamici. Ma, come diceva Totò sceicco, “ogni limite ha la sua pazienza!”

 

 

 

Galleria Immagini
Decennale AIRIL

Contatti

Sede Legale

Via Sistina, 121 - 00187 - Roma
(c/o DayOffice)

tel: 06-47818521 - fax: 06-47818444
email: presidenza@airil.it