Gheddafi: non escludo altri attacchi a Italia

di Maurizio Caprara

Del 3 marzo 2006 da Corriere della Sera

ROMA - Il passo avanti e i due indietro che caratterizzano da tempo i rapporti tra Italia e Libia sembrano essersi trasformati ieri in un salto all'indietro. La nota con la quale il governo di Silvio Berlusconi, il 23 febbraio, faceva capire di essere disposto a concordare con Tripoli nuove misure volte a «chiudere definitivamente» il capitolo del «passato coloniale» non è bastata. Muammar Gheddafi, ieri, ha lanciato un avviso: dopo l'assalto di due settimane fa al consolato italiano a Bengasi, se il suo Paese non riceverà una compensazione adeguata per quel periodo del XX secolo, non vanno esclusi altri attacchi. Il Colonnello ne attribuisce il pericolo a passioni del suo popolo nate prima dello sdegno per le vignette danesi su Maometto e della loro riproduzione sulla maglietta del leghista Roberto Calderoli: «I libici odiano l'Italia, non la Danimarca. I libici cercano qualsiasi occasione per sfogare la loro rabbia contro l'Italia dal 1911, quando l'Italia occupò la Libia». Il Colonnello ha parlato così, stando all'agenzia britannica Reuters, davanti a alti funzionari governativi e suoi sostenitori riuniti a Sirte. Benché il Leader sia abituato a elargire colpi di scena, era da tempo che non ricorreva a toni così drastici verso l'Italia. E oggi la Farnesina non avrà un ambasciatore da convocare per chiedere spiegazioni: l'ultimo che il Colonnello aveva accreditato presso il Quirinale non viene sostituito da oltre un anno. Non ci sono problemi con la Libia, aveva sostenuto Berlusconi su Al Jazira. Oltre all'avvertimento, il Colonnello ha fornito dettagli non rassicuranti su che cos'altro sarebbe potuto succedere a Bengasi il 17 febbraio, il giorno nel quale la sua polizia salvò la rappresentanza italiana e ammazzò almeno 11 dimostranti, definiti poi «martiri». «I contestatori erano decisi a uccidere il console e la sua famiglia, quando attaccarono il consolato italiano. Non presero di mira la Danimarca perché non hanno nessuna idea della Danimarca», ha dichiarato Gheddafi. Mentre il suo ufficio, poi distrutto, resta chiuso il console Giovanni Pirrello si trova in Italia. Ha perso la madre. Strano rimpiattino, quello sulle cause dell'assalto. Finora, la Giamahiria non lo aveva messo in relazione al colonialismo. Con Calderoli ancora ministro delle Riforme, la Farnesina lo aveva addebitato alla rabbia verso le vignette. Prima di riconoscere che gli assaltatori ce l'avevano con Calderoli, il ministro degli Esteri Gianfranco Fini aveva parlato di un tentativo di «destabilizzare» il regime di Gheddafi. Tripoli non aveva gradito. «La ragione è il fatto che l'Italia non ha indennizzato i libici per le loro sofferenze», ha affermato ieri il Colonnello. Non deve essere un caso che l'abbia detto nello stesso giorno nel quale ha liberato ottantaquattro Fratelli musulmani arrestati dagli anni '90. Tra questi, cinquantacinque sono tornati a Bengasi. La Farnesina, ieri, ha preso tempo. Per una reazione, aspetta la traduzione del discorso di Gheddafi, trasmesso in diretta dalla tv di Stato.

 

 

 

 

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