Leone Massa parla di ricatto politico: “Gheddafi vuole soldi sotto elezioni”.
di Ruggiero CaponeDel 34 marzo 2006 da L' Opinione
La Libia ha circa 5-7 milioni di abitanti, che vivono naturalmente lungo la fascia costiera, il resto del paese è più esteso di Francia e Germania messe insieme, e sotto la sabbia c’è petrolio per l’eternità. Una ricchezza senza pari. Ma la popolazione è generalmente povera, solo un 5 per cento ha un tenore di vita medio paragonabile a quello europeo. Poi c’è la famiglia Gheddafi, che oltre a governare, ha fatto proprie tutte le ricchezze, investendo in banche, industrie e società di calcio esterne al paese nordafricano. I rimpatriati dalla Libia sono ancora increduli e sgomenti di fronte alle dichiarazioni di Gheddafi. “sembra di essere tornati indietro al 1970 quando Gheddafi, dopo le iniziali rassicurazioni dell’anno precedente, con un veemente discorso pronunciato a Misurata il 9 luglio - esclama Giovanna Ortu (presidente dell’Airl, associazione italiani rimpatriati dalla Libia) - anticipò i provvedimenti che avrebbe preso solo qualche settimana dopo contro la collettività italiana: la confisca di tutti i beni il 21 luglio, seguita il 7 ottobre dall’espulsione, accompagnata da vessazioni di ogni genere. Non è credibile che sia il popolo libico a nutrire sentimenti di vendetta contro gli italiani di oggi, e per colpe dell’Italia di un secolo fa - continua la Ortu -. I libici, che ci aiutarono allora in ogni modo offrendoci ospitalità, cibo e denaro, sono rimasti in contatto con noi per tutti questi anni, e ci hanno accolto fraternamente l’anno. Gheddafi, dalla posizione di debolezza del regime oggi, lancia le sue invettive contro un Paese che ha avuto l’unica colpa di blandirlo senza mai prendere una posizione ferma, chiara e definitiva: né quando si trattava di protestare né quando era il caso di fare delle concessioni, anche generose, per ritrovare normali rapporti di collaborazione ed interscambio. Accanto alle grandi criticità del rapporto bilaterale - ricorda la presidentessa dell’Airl - c’è da sempre il nostro contenzioso sottovalutato, e volutamente dimenticato da tutti i governi avvicendatisi in Italia, che hanno preferito, purtroppo senza esito, anteporre i grandi interessi nazionali alla difesa della dignità e dei diritti sia dei rimpatriati che dei titolari di commesse non onorate. Tutti i rimpatriati insistono affinché la Casa delle Libertà e l’Unione non sfruttino a fini elettorali una situazione delicata e difficile - chiosa Giovanna Ortu - ma trovino il modo di condannare insieme le offensive espressioni del Colonnello, in nome dei principi di libertà e democrazia che accomunano gli italiani tutti”. Leone Massa Leone Massa presiede da decenni l’associazione che, in seno all’Airl, si occupa del contenzioso, dei crediti che le imprese italiane vantano nei riguardi della Libia. L’opinione lo ha intervistato, per cercare di dare una lettura alle dichiarazioni del dittatore Muammar Gheddafi. Perché il dittatore libico s’è scagliato contro il governo Berlusconi, e dopo che ha ottenuto 120 imbarcazioni, garanzie e nuovi investimenti d’imprenditori italiani? Allora non c’è stato un disgelo dopo la visita del ministro Adolfo Urso? Ciò che vediamo è conseguenza del calarsi le braghe con Gheddafi. Berlusconi aveva detto che era subito pronto a finanziare la strada, e Gheddafi è subito passato in cavalleria. La situazione a Bengasi, dopo gli ultimi moti, era tutta contro il dittatore, ed il Colonnello l’ha abilmente rigirata contro l’Italia. La Libia era e rimane un paese insicuro per gli investimenti italiani. E perché ora Prodi si dichiara alleato ed amico di Gheddafi? Nessun governo italiano sarà mai considerato un alleato da Gheddafi. E chi si scioglie come un gelato di fronte alle lusinghe di Gheddafi, concedendo regali e prebende perché presume possa trasformarlo in un amico degli italiani, dimostra la più completa ignoranza delle usanze arabe, e nello specifico berbere. Chi corteggia il leader libico non conosce la mentalità di quel popolo. Gheddafi alterna la faccia sorridente al ricatto, ed ogni governante italiano ci casca, salvo poi scoprire d’aver fatto la figura di Pinocchio che sotterra le monete dopo aver dato retta a compare gatto e comare volpe. Quindi anche Prodi è pronto a fare una figura degna della miglior metafora di Collodi? Anche Prodi ci è cascato. E’ già pronto, se dovesse vincere, a riempire la Libia di regali, anche a costo di spremere ulteriormente le tasche degli italiani. Si mormora che Gheddafi sia vicino a lasciare il governo ad uno dei suoi figli? E’ una favola. Il dittatore gode d’ottima salute, e di politica s’interessa solo il suo figliolo capace di continuare la sua politica. L’altro ieri il figlio di Gheddafi ha fatto scarcerare 128 prigionieri politici, oppositori del regime libico, e tra loro c’erano 85 pericolosissimi integralisti islamici in galera dal 1998. Ho letto le sue lettere al governo Berlusconi ed al ministro Fini. Già diversi mesi fa lei prevedeva quanto si sta verificando in questi giorni. Perché non le hanno mai dato ascolto? E’ come se avessi una sfera di cristallo. Avevo avvertito il governo ed il presidente Berlusconi di cosa sarebbe accaduto in Libia. Ho raggiunto l’opinione pubblica attraverso i miei scritti pubblicati su L’opinione, purtroppo non sono stato ascoltato. Nessuno m’ha dato ascolto, né quando ho previsto le tensioni in Libia né quando ho parlato d’un Gheddafi opportunista che, dopo aver ottenuto soldi e mezzi militari dal centro-destra, si sarebbe schierato con il centro-sinistra. Tutto è puntualmente accaduto. Ma il ministro Adolfo Urso ed il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sono andati in Libia e, purtroppo, hanno convinto tante imprese italiane ad investire in quel paese. Devo dire che, con mio gran rammarico, la Farnesina è tutta pappa e ciccia con Gheddafi. Pure Confindustria, invece di pensare alle imprese italiane, ha spinto il governo ad essere munifico con il dittatore libico ed a chiudere alla svelta ogni contenzioso con il paese africano. Io sono rimasto letteralmente inascoltato, ed ero visto non di buon occhio perché sostenevo che era un rischio fare affari con Tripoli. Ora cosa prevede? Il 28 ottobre Berlusconi siglava l’accordo di Tripoli. E l’11 novembre Folena presentava un piano di risarcimento a favore della Libia per 300 milioni di euro annui, e senza fissare una scadenza a questa dazione. Folena, uomo di Rifondazione comunista ed alleato di Romano Prodi, non ha tenuto minimamente conto che nel 1970 sono stati confiscati 400 miliardi di beni italiani in Libia. Un ingente patrimonio confiscato, e di cui s’è appropriata la famiglia Gheddafi. Lo stato italiano deve indennizzare gli italiani espropriati da Gheddafi, e non ha ancora finito di farlo, poi deve risarcire gli 800 milioni di euro delle imprese italiane che hanno lavorato in Libia negli anni ‘70 ed ’80, ed i cui beni sono rimasti ostaggio di Gheddafi, che ogni giorno vanta danni guerra. Parliamo di 800 milioni di euro dell’epoca. Oggi sono stanco di fare appelli al buon senso dei governanti. Per cui presenterò un atto inibitorio al governo italiano, perché non versi nemmeno un euro ai libici fino a quando non saranno state indennizzate fino all’ultimo centesimo le imprese italiane creditrici della Libia. Credo che Gheddafi si sia strumentalmente schierato con Romano Prodi, e perché intende intascare, oltre ai danni di guerra, il fantomatico vitalizio risarcitorio presentato in Parlamento da Folena. Credo, ed anche fortemente, che il dittatore libico conti di intascare tutti quei soldi in cambio delle solite promesse di maggiore controllo costiero anti-immigrazione. Siamo di fronte ad un ricatto politico posto sotto elezioni.