Pisanu: un equivoco le minacce di Gheddafi

di Francesco Grignetti

Del 23 marzo 2006 da La Stampa

Nell'aria, lungo l'asse tra Italia e Libia, c'è ancora l'eco delle minacce (Gheddafi: «Bengasi po­trebbe ripetersi») e delle tensio­ni. Ma Beppe Pisanu, il ministro dell'Interno, autorevole espo­nente del partito filolibico italia­no, prova a smorzare i toni. «E' tutta un'incomprensione. Erro­ri di una traduzione inesatta. Credo che anche la parte libica vorrà precisare». La direzione di «SkyTg24», l'emittente che ha trasmesso nei giorni scorsi l'in­tervista a Gheddafi, ha però replicato che la traduzione è esatta e anzi è quella ufficiale. «La traduzione - secondo Emilie Garelli, il direttore - è stata effettuata dal suo interprete e successivamente verificata in Italia». Un piccolo giallo lingui­stico. Comunque sia, non più tardi di 48 ore fa il ministro degli Esteri, Fini, diceva: «Le intimidazioni e le minacce non ci spaventano». Intanto Gheddafi ha annun­ciato che verranno indennizzati i «cittadini libici» che lasciarono il Paese nel 1970. Tutti hanno subito pensato ai ventimila italiani che Gheddafi stesso quell'anno cacciò, i cui beni furono incamerati senza indennizzi. Da allora, per 37 anni, questi venti­mila hanno rappresentato una ferita aperta nei rapporti italo-libici. «Il governo - ha annunciato la Fondazione Gheddafi, presie­duta da Sàif al-Isiam, figlio del leader - ha approvato un decreto che sarà esecutivo nei prossimi giorni». L'iniziativa, sottolinea­no fonti diplomatiche libiche, è mirata a incoraggiare il ritorno di quei cittadini «fuggiti», circa 400 i casi di esproprio interessa­ti al provvedimento dopo il colpo di Stato con cui Gheddafi rovesciò la monarchia. Ovvia­mente si dicono entusiasti gli aderenti all'Airl (associazione italiani rimpatriati libici), con­tando di essere loro i beneficiari . Ma sono davvero loro i destinatari di questa misura? E servi­rà l'operazione a far ripartire il dialogo tra le due sponde? Il primo a spingere per una svolta è Pisanu. «Perché il dialogo tra Italia e Libia possa svilupparsi in tutta la sua potenzialità -spiega - è necessario che si risolva il contenzioso tra i due paesi e che si chiuda il capitolo tragico del colonialismo. Dobbia­mo tenere conto, di fronte a certe rigidità e impuntature pole­miche del colonnello Gheddafi, che dietro certe sue posizioni c'è sempre uno sforzo teso a dare alla Libia un'identità nazionale e che l'elemento fondante di que­sta identità è la lotta di liberazio­ne dal colonialismo italiano. Del resto non si capisce perché noi italiani sentiamo con forza e attualità la resistenza al nazifascismo e i libici non dovrebbero fare altrettanto rispetto alla resi­stenza al colonialismo». «Ottima» - dice anche il mini­stro - la cooperazione di polizia, garantisce il ministro. «Perfet­ta» l'intesa nella lotta al terrori­smo e nel contrasto ai trafficanti di uomini. Certo, resta aperto il problema del contenzioso. Che non è una partita indolore: Ghed­dafi chiede all'Italia la costruzio­ne di una autostrada litoranea dal costo di tre miliardi di euro. Da parte italiana, comunque, si moltiplicano le iniziative vol­te a rinsaldare l'amicizia. La casa editrice «Manifesto libri», ad esempio, complice la passio­ne per la Libia di Valentino Parlato (che è nato a Tripoli e fu espulso negli Anni Cinquanta, ma per il delitto di «comuni­smo») sta per portare in libreria il volumetto «Fuga dall'inferno e altre storie». Sono racconti scrit­ti di pugno dal colonnello Ghed­dafi. A presentarlo, ieri, c'erano Veltroni e Pisanu. Entrambi si sono sperticati in elogi .

 

 

 

 

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