Ai candidati alla Presidenza del Consiglio On. Berlusconi e Prof. Prodi

di Leona Massa

Del 30 marzo 2006 da una Lettera Aperta

I rapporti bilaterali Italia-Libia possono costituire un piccolo ma molto significativo test per valutare, aldilà degli eccessi e delle approssimazioni della campagna elettorale, le reali prospettive che vengono offerte dalle differenti coalizioni e dai rispettivi candidati premier.

Come anche i più recenti sviluppi stanno a dimostrare la Libia ed il suo Leader sono un interlocutore assai difficile e complesso che solo poca professionalità e sprovvedutezza possono portare a sottovalutare.

Il rapporto bilaterale al momento ci vede sostanzialmente giocare di rimessa davanti alle fulminee scelte tattiche di Gheddafi, che può permettersi di passare in poche battute dal dossier delle relazioni sulla sicurezza internazionale a quello del traffico di clandestini passando attraverso la questione coloniale e il nostro ruolo di ex paese colonizzatore, tenendo sullo sfondo la nostra dipendenza energetica. Lo scopo evidente di queste azioni è quello di mantenere nei confronti del nostro Paese una posizione che ben si presta ad ogni tipo di strumentalizzazione non risolvendo mai alcun problema e rinfocolando quello più opportuno di volta in volta.
I nostri politici non hanno mai saputo rispondere con l’unica arma a nostra disposizione: la più stringente interpretazione della legalità internazionale, il tecnicismo contro l’approssimazione, la chiarezza contro la confusione, la forza dello stato di diritto contro la semplificazione dell’abuso di potere.

Non è vero che l’Italia non abbia alcun strumento di pressione nei confronti della Libia e se molti e rilevanti sono i nostri interessi in Libia, altrettanto potrebbe dirsi di quelli Libici in Italia. Se la Libia vorrà aumentare il livello di integrazione nella politica mediterranea dovrà inevitabilmente risolvere il contenzioso con l’Italia. A meno che non si voglia fare finta di nulla.

Ora che il Colonnello ha deciso di far sentire con insistenza la sua voce nella nostra campagna elettorale ritengo giusto rendere altrettanto chiaro il nostro punto di vista ad ambedue gli schieramenti e chiedere alcune risposte chiare.

Quello che ci aspettiamo dal governo che uscirà dalle elezioni del 9 Aprile è finalmente la capacità di riportare le nostre relazioni con la Libia ad uno standard di carattere europeo. Tutti i paesi europei tranne l’Italia sono riusciti a impostare il rapporto con la Libia di Gheddafi in modo più chiaro e con presupposti diversi.
Il rispetto dei contratti, delle sentenze, dei lodi arbitrali e più in generale di tutti quegli aspetti amministrativi e legali connessi a qualunque tipo di rapporto commerciale sono a nostro avviso limiti che non è possibile oltrepassare impunemente come fossero dei piccoli problemi che disturbano i grandi accordi.
Si fa un gran parlare di reciprocità ma come è possibile pretendere reciprocità se non si è pronti a difendere lo stato di diritto e la legalità internazionale. Cedere anche alle piccole provocazioni porta solo a ricevere provocazioni più grandi.
Quello che chiediamo a Berlusconi e a Prodi è di tutelare il lavoro e la dignità dei nostri connazionali e delle nostre imprese come previsto dalla stessa Costituzione e di prendere impegni chiari in tal senso.

Al presente governo, che aveva fatto un gran parlare di riforma dell’azione diplomatica improntandola ad un più concreto attivismo a supporto delle aziende e che nel ormai lontano 2002 era riuscito a sbloccare una situazione incancrenita, chiediamo come mai si sia smarrita la bussola e ci sia fatti ingabbiare, senza neanche accennare una contromossa, in una guerriglia diplomatica che ci vede deboli e privi di iniziativa. I creditori della Libia ricordano bene le sue parole Presidente Berlusconi, quando, nella conferenza stampa di fine anno dell’anno 2004, senza sollecitazione da parte di alcun giornalista, aveva pubblicamente assicurato che anche loro avrebbero trovato soddisfazione.

A Lei Presidente Prodi chiediamo un chiaro giudizio su quella che rimane una delle più sciagurate trattative che la nostra diplomazia abbia mai concluso, ossia il famoso accordo SACE. Gli imprenditori italiani ancora scontano il messaggio che quell’accordo ha veicolato alla controparte libica: tenere duro. Lo Stato Italiano cederà. Se è questo tipo di trattativa a cui ci si riferisce quando si afferma che “bisogna mettersi intorno ad un tavolo e la soluzione si troverà” allora è meglio saperlo subito. Se si presume che il problema venga risolto chiedendo sacrifici indiscriminati a creditori che da più di vent’anni sono stati utilizzati come ostaggi, credo che si sia su una strada sbagliata. I nostri imprenditori non hanno nulla a che vedere con la colonizzazione della Libia e non possono essere usati come merce di scambio.

Come è possibile che una questione come quella dei crediti vantati dalle nostre aziende sia ancora sul tavolo, quando le diplomazie ed i governi di tutto il resto del mondo hanno trovato da tantissimo tempo una soluzione che potesse svincolare i rapporti con la Libia dalle richieste di centinaia di aziende, dalle più grandi alle più piccole, tenute in ostaggio con un totale disinteresse per lo scorrere del tempo e le gravi conseguenze economiche che ciò comporta.
Ormai siamo stati testimoni del cinismo più sfrontato, del buonismo più scontato e dell’improvvisazione più estemporanea. A quando un cambio di registro?
La nostra proposta è chiara; l’unica possibilità che esiste per il Governo di trattare con questo regime è quella di chiudere la ferita aperta delle posizioni creditorie con l’intervento dello Stato che anticipi i crediti certi e provveda a farsi rimborsare dalla Libia, evitando il continuo ricatto alle aziende che non hanno alcun modo di difendersi. Non è possibile che gli imprenditori siano chiamati a pagare il prezzo di una politica estera che ha dimenticato la dignità. 
Sia ben chiaro che la diffida notificata il 24 u.s. all’attuale Presidente del Consiglio, a non effettuare alcun gesto significativo alla Libia per chiudere il contenzioso del colonialismo e della guerra prima che non siano stati soddisfatti e per intero i diritti delle imprese creditrici, ha valore in particolare nei confronti del prossimo responsabile dell’esecutivo.

Come rispondono i candidati Premier?

Siamo coscienti che la nostra situazione non possa essere considerata alla stregua di un problema principale ma se è vero che “il diavolo sta nei dettagli” allora la trattativa Italia-Libia fornirà un chiaro indizio della levatura e dello spessore della diplomazia italiana e del futuro Governo.

Leone Massa
Pres. A.I.R.I.L.

 

 

 

 

 

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