Prodi vola in Libia e fa festa con Gheddafi D’Alema resta a Roma e incontra i vertici di Tripoli
Del 10 settembre 2006 da La Padania
A sorpresa anche il presidente del Consiglio Romano Prodi ha partecipato alla grande festa panafricana a Sirte, su invito del colonnello Muhammar Gheddafi. Al centro del colloquio tra il leader libico e Prodi c’è stato soprattutto il tema dell’immigrazione. «È un problema europeo e africano, non solo italiano – ha detto il Professore alla Fiera del Levante -. Ho spiegato che io, Chirac e Zapatero abbiamo mandato una lettera all’Unione europea per mettere all’ordine del giorno la questione dell’immigrazione». Nel colloquio con Gheddafi, Prodi ha anche sottolineato che «c’è un problema di sviluppo delle aree e un problema di sorveglianza delle aree da cui gli immigrati partono». Ma c’è la necessità di trovare una conciliazione definitiva ai contenziosi Italia-Libia e quello più strettamente economico: «Stiamo perdendo quote di mercato – ha aggiunto il premier –. Da entrambi c’è il desiderio di chiudere con il passato e di guardare a un grande futuro comune. Ieri c’era proprio un’atmosfera amichevole per ricominciare. È ora che torniamo a un lavoro comune». Ma ieri non è stato solo il presidente del Consiglio a incontrare l’establishment tripolino. Nei giardini dell’ambasciata libica a Roma c’era anche il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che ha chiuso una “parentesi di freddo” durata tre anni, durante in quali la Libia non ha avuto un proprio ambasciatore a Roma. Inoltre l’assenza all’ultimo minuto dell’ invitato più atteso, il presidente del consiglio Romano Prodi, non si è rivelata uno sgarbo ma ha al contrario rafforzato in molti osservatori la convinzione che Libia e Italia - all’ora del ricevimento a Roma, Prodi era ospite del colonnello Gheddafi in Libia - ce la stanno mettendo tutta per far decollare il loro rapporto politico bilaterale. Proprio per essere sicuro di poter accogliere il premier al ricevimento con il quale i libici celebrano ogni anno l’inizio dell’ormai più che trentennale “era Gheddafi”, il neo ambasciatore libico, Abdulhafed Gaddur, aveva deciso di anticipare a ieri la festa, prevista inizialmente per il 14 settembre (alcuni inviti erano addirittura già partiti...) a ieri, 8 settembre, unica data libera nell’agenda del premier. All’ultimo momento, però, la sorpresa: quando Palazzo Chigi ha chiamato l’ambasciata per confermare la presenza di Prodi, Tripoli ha rilanciato con un invito inatteso: perché invece che a Roma Prodi non va a celebrare in Libia, con Gheddafi in persona? Detto, e subito fatto. Prodi ha un colloquio con l’iraniano Alì Larijani e subito dopo lascia Palazzo Chigi per l’aeroporto di Ciampino, da dove parte per Sirte, unico invitato europeo al pranzo di gala offerto dal colonnello a numerosi capi di Stato del Continente nero per celebrare il settimo anniversario della nascita dell’Unione Africana. L’occasione ha consentito a Prodi di avere contatti con numerosi leader africani e, soprattutto, di avviare un dialogo diretto con Gheddafi sui grandi temi di interesse comune: dai rapporti tra il mondo occidentale e il mondo islamico, con epicentro in questo momento in Libano, ai problemi delle migrazioni, ai rapporti economici multilaterali (che potrebbero portare alla nascita di una Banca del Mediterraneo) e bilaterali. A Roma, mentre Prodi partecipava alla discussione sulle prospettiva di unione dell’Africa, che Gheddafi sogna addirittura di trasformare negli Stati Uniti d’Africa, una Ue nera, D’Alema, dopo un breve colloquio con l’ambasciatore Gaddur, ha scambiato con i diplomatici e le personalità straniere che lo hanno attorniano, valutazioni sul suo viaggio in Giordania, Territori palestinesi e Israele e sull’incontro appena avuto con Larijani in una saletta dell’aeroporto di Ciampino: due ore di un colloquio definito dal titolare della diplomazia italiana, ai suoi interlocutori, come “difficile”. Al contrario di quanto è avvenuto fino allo scorso anno per tutti i ministri e le alte personalità italiane invitati al ricevimento, per il suo colloquio con l’ambasciatore libico D’Alema non è stato costretto ad accomodarsi sotto la tenda beduina tradizionalmente al centro del parco dell’ambasciata: quest’anno la tenda non c’era più. Diversa, ed estremamente calorosa, anche l’atmosfera, decisamente occidentale – bevande alcoliche comprese – il buffet. «Mi sembra evidente lo sforzo di mettersi in sintonia con il modo di ragionare e di essere di noi italiani», ha detto un diplomatico che conosce molto la Libia.