Libia : uno scatolone di sabbia per 30.000 coloni
di Sergio Romano
Del 19 ottobre 2006 da Corriere della Sera
Alla conquista della Cirenaica. È questo il titolo che mio padre Amleto, classe 1889, imbarcato sulla nave da guerra «Amalfi», dette al suo diario della guerra italo-turca iniziata nel settembre 1911 e terminata nell' ottobre 1912. Questa guerra era stata esaltata dal governo Giolitti come un' impresa epica che avrebbe consentito lo sfruttamento di mirabolanti ricchezze naturali e l' emigrazione di migliaia di contadini in terre sconfinate e fertilissime. Tutto ciò con un dispendio d' energie minimo dato lo stato di collasso dell' Impero ottomano. Alla fine il risultato fu ben misero e ben lontano dalle aspettative. Intanto il contingente militare che coinvolse più di 90.000 uomini e 165 navi, dimostrò sul campo una impreparazione da alcuni storici considerata assoluta. A questo riguardo basterà solo ricordare lo scontro, forse il primo di una guerra santa contro l' infedele, avvenuto il 23 ottobre 1911 vicino a Tripoli fra i bersaglieri del colonnello Fara e i guerriglieri musulmani con la bandiera verde del Profeta. Il nostro contingente lasciò infatti sul terreno ben 400 morti mentre i feriti furono 200. Tra l' altro il petrolio non fu allora trovato e le fertili terre promesse si rivelarono distese sabbiose difficilmente coltivabili. Le forze italiane d' occupazione dovettero poi limitarsi al controllo di una ristretta fascia costiera a causa della persistente ostilità indigena che costrinse a usare, talvolta, il «pugno di ferro» contro i ribelli arabi, molto criticato all' estero. In conclusione, l' impresa libica, che era costata circa 512 milioni, si dimostrò un fallimento completo sotto il profilo economico e militare. Vorrei sapere se concorda con il mio giudizio. Renato Cimino Napoli Caro Cimino, Giovanni Giolitti non usò mai, per parlare della guerra italo-turca, accenti epici e retorici. La descrizione della Libia come «terra promessa» appartenne al linguaggio enfatico degli ambienti nazionalistici e alle previsioni troppo ottimistiche di alcuni geografi male informati. Il presidente del Consiglio invece, in un discorso al Teatro Regio di Torino il 7 ottobre 1911, si limitò a dire che il conflitto era una «fatalità storica» e spiegò più tardi nelle sue «Memorie» che il governo aveva agito perché la Francia si era installata in Marocco. Intendeva dire che la costa meridionale del Mediterraneo era ormai diventata, dal Marocco all' Egitto, un condominio anglo-francese e che all' Italia, per non finire a mani vuote, restavano soltanto i due vilayet turchi di Tripoli e Bengasi su cui avevamo messo agli occhi da molto tempo. So che questi argomenti possono sembrare oggi imperialistici, ma l' Italia di Giolitti ragionava allora esattamente come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e la Spagna. La guerra fu molto più difficile di quanto lo stato maggiore avesse previsto. Il piccolo contingente turco venne rapidamente sconfitto, ma le popolazioni arabe dettero prova di una straordinaria capacità di resistenza. Non è vero, tuttavia, che l' esercito e la marina abbiano combattuto male. Dopo il sanguinoso scontro di Sciara Sciat, durante il quale perdettero la vita più di cinquecento uomini dell' 11° reggimento bersaglieri, il corpo di spedizione e la flotta condussero alcune buone operazioni e riuscirono a controllare una parte importante del territorio. Lo perdettero più tardi, durante la Grande guerra, quando l' Italia, impegnata sull' Isonzo, dovette limitarsi a presidiare le zone costiere. La riconquista cominciò in Tripolitania durante la prima metà degli anni Venti e si concluse in Cirenaica, negli anni seguenti, con le brutali operazioni di Graziani. Quanto alle condizioni economiche del Paese conquistato, la descrizione migliore è quella che ne dette Gaetano Salvemini. La Libia era effettivamente uno «scatolone di sabbia». Proprio per questo, tuttavia, sarebbe ingiusto sottovalutare la politica colonizzatrice di Italo Balbo nella seconda metà degli anni Trenta. Non è necessario essere fascisti, imperialisti, colonialisti o guerrafondai per ammirare lo straordinario sforzo organizzativo con cui vennero costruiti villaggi e case coloniche per i trentamila italiani che s' installarono in Tripolitania e Cirenaica fra l' ottobre del 1938 e del 1939. Scommetto che persino Gheddafi, privatamente, riconosce i meriti di Balbo. Ancora un' osservazione, caro Cimino, sulle risorse petrolifere. Le ricerche furono condotte fra il 1926 e il 1940 da una missione di cui faceva parte Ardito Desio (il geografo esploratore morto nel 2001 all' età di 104 anni) e permisero di accertare tracce di petrolio nel sottosuolo libico. Ma sarebbe stato necessario scavare per più di due chilometri. I mezzi tecnici di allora non lo consentivano.