Roma e Tripoli, parte il disgelo

di Guido Ruotolo

Del 24 novembre 2006 da La Stampa

Massimo D'Alema rompe il ghiaccio: «Vedo che anche lei tra un po’avrà i baffi». Muammar Gheddafi risponde: «Mi dicono che lei è molto amante del mare. Deserto e mare sono simili...». I giornalisti vengono invitati a lasciare la sala dell'incontro, nella blindatissima «Bab al Azizia» dove il giorno prima il leader libico aveva fatto una «lezione di storia» a un centinaio di ministri dei paesi Ue e africani. Parlano per più di un'ora il leader libico - che aveva avuto prima un colloquio con Giuliano Amato - e il nostro ministro degli Esteri. Un incontro atteso. Non un invito dell'ultima ora, in occasione della Conferenza Ue-Africa sull'immigrazione e la cooperazione allo sviluppo. D'Alema, alla fine, è soddisfatto, perché si «sono gettate le premesse per trovare l'intesa, per superare il contenzioso che si trascina da molti anni circa il problema delle compensazioni». Anche fonti libiche parlano di «colloquio molto positivo». Il contenzioso non è stato risolto, ma il nostro ministro degli Esteri torna a Roma con una indicazione di massima: «Ne dovrò parlare con Prodi». Gheddafi ha riproposto la questione del «grande gesto» riparatore per il periodo coloniale. Conferma D'Alema: «Non si può assolutamente dire che hanno rinunciato all'autostrada». Dovevano essere 1.200 chilometri d'asfalto, una litoranea che collega la Tunisia all'Egitto, così come promise il governo Berlusconi. Potrebbe diventare, fanno sapere fonti governative italiane, «un'opera infrastrutturale di grande visibilità da realizzare in fasi protratte nel tempo». Forse una strada, o un ospedale. A definirlo sarà il negoziato bilaterale: «Dovrà chiudersi presto - dice D’Alema - e dovrà risolvere interessi che possono conciliarsi». Dunque le «compensazioni» dovranno rispondere a una logica del «dare e dell'avere»: «Ci sono richieste della Libia all'Italia, ci sono rilevanti, direi rilevantissimi interessi italiani verso la Libia». Non sono solo i crediti avanzati dalle imprese italiane (650 milioni di dollari, valore anni '80), o i beni confiscati ai ventimila italiani espulsi nel 1970 (che chiedono 250 milioni di euro in cinque anni). D'Alema pensa «agli investimenti Eni che sono pari a 10 miliardi di euro», alle nuove quote di greggio da estrarre, al metano. Il nodo degli sbarchi Si è parlato anche di immigrazione. Del resto questo era all'ordine del giorno della Conferenza Ue-Africa che si è conclusa ieri, con l'approvazione di un documento che sollecita la creazione di un Fondo comune per l'immigrazione e lo sviluppo, e politiche di riammissione dei clandestini. Racconta Amato: «Gheddafi ha insistito sul ruolo della Ue, che deve rendersi conto della condizione della Libia, paese di transito. Io gli ho segnalato che su 20 mila clandestini sbarcati finora a Lampedusa, 8.000 sono marocchini, che hanno attraversato legalmente la Libia prima di salpare per l'Italia. E che altri 2.500 sono eritrei». Apre il centro d’accoglienza Il nuovo clima tra Italia e Libia ha prodotto già i primi risultati: «Equipaggi misti sulle prossime motovedette che gli stiamo mandando - sintetizza Amato -, per addestrare i loro uomini». Soprattutto sui pattugliamenti misti si sono fatti passi in avanti: «Malta e Italia, in collaborazione con la Libia, sotto la bandiera di Frontex, dovranno dare il via a pattugliamenti sotto costa. Contestualmente, la Ue dovrà sostenere, con risorse e mezzi, i pattugliamenti terrestri libici. Il primo dei tre centri d'accoglienza che l'Italia si è impegnata a costruire in Libia, è pronto. Al suo interno sarà presente anche l'Oim, l'organizzazione intergovernativa che si occupa di gestione dell'immigrazione.

 

 

 

 

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