Gheddafi jr tende la mano all’Italia. “Siamo pronti ad un accordo storico”
di Maurizio CapraraDel 16 giugno 2007 da Corriere della Sera
ROMA—Che cosa è venuto a fare a Roma, questa volta? «Sono arrivato in vacanza, ma alla fine si hanno degli incontri di lavoro. Ho spiegato a Francesco Rutelli che programmavo di venire qui per stare a casa di uno dei miei amici e avere un po' di divertimento, però sono stato nell'ufficio di Romano Prodi, da Giuliano Amato e tra poco vedo Massimo D'Alema», diceva ieri Seif el Islam, il figlio più politico di Muammar Gheddafi. In queste sue parole, pronunciate davanti a un bicchiere d'acqua gelata nella hall del Grand Hotel Saint Regis una volta salutato l’amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni, c'è tutto il personaggio: l’aria da viveur del giovane dall'avvenire promettente, difficile stabilire quanto di facciata e quanto effettiva, e l'abitudine ad occuparsi di affari di Stato.
È stato Seif el Islam, il cui nome significa «la spada dell'Islam», a concludere con la sua «fondazione Gheddafi» le trattative che hanno permesso a Tripoli di riprendere i rapporti con tutto l'Occidente dopo le stragi compiute dai servizi segreti libici negli anni '80. E adesso, secondo il figlio del Colonnello, mentre la Gran Giamahiria si prefigge «un accordo di partnership con l'Unione europea» si stanno ponendo le basi di un «viaggio davvero storico» del padre in Italia.
Di che cosa avete parlato con il presidente del Consiglio?
«Prima di tutto, degli ultimi sviluppi sul caso delle infermiere bulgare».
Le cinque condannate a morte in Libia con un medico palestinese, accusate dì aver infettato di Aids 426 bambini, 52 dei quali morti. Che cosa ha detto a Prodi?
«Gli ho fornito una fotografia di che cosa sta succedendo tra Libia, Bulgaria e Unione europea. Credo che l'Italia avrà un ruolo sul caso».
Suo padre ne aveva parlato al telefono con Prodi in maggio, quando un'agenzia palestinese diffuse la falsa notizia di un coma del Colonnello. Quali saranno gli sviluppi?
«La Corte suprema libica emetterà una sentenza mercoledì e subito dopo il verdetto cominceremo a lavorare su — voglio trovare l'espressione adatta — un pacchetto per una soluzione».
Pacchetto con dentro?
«Andrebbe soddisfatta ogni famiglia delle vittime libiche, altrimenti la soluzione non decollerà».
Quali passi può compiere l'Italia?
«Il primo passo è raggiungere un compromesso con le famiglie affinchè ci possa essere un perdono, affinchè la pena di morte non sia eseguita. Noi supponiamo che la Corte suprema confermerà la sentenza precedente, pena capitale. È possibile, molto».
E poi?
«Se c'è un compromesso, l'Alto consiglio degli affari giudiziali può dire: adesso le famiglie hanno raggiunto un compromesso con il governo bulgaro, l'Ue e si può tramutare la pena dalla morte alla prigione. Ma dipende dal verdetto della Corte e dalle famiglie».
Per risarcire le famiglie basterebbe il danaro o servirebbe altro?
«Primo: oltre all'assistenza medica per i bambini, l'Ue dovrebbe finanziare un rafforzamento del piano di azione nazionale contro l'Aids. Secondo, molti Paesi e aziende hanno contribuito a un fondo, il "Fondo Bengasi", e dovrebbero continuare. Terzo, bisognerebbe arrivare a una partnership con l'Ue».
Partnership della Libia con l’Ue? Riguarderebbe soprattutto il commercio.
«E il ruolo britannico è molto importante».
Non crede che ci sarebbero resistenze nell’Unione?
«Non è un problema nostro. Spetta al signor Steinmeier».
Frank Walter Steinmeier, il ministro degli Esteri tedesco. È stato da poco a Tripoli,
«Sì. Poi c'è un'altra questione».
Quale questione?
«Vogliamo portare il Leader a Roma. Presto».
Il Colonnello? A fare che?
«Per firmare un trattato di amicizia che si occupi del passato, l'affare delle compensazioni, e molti altri su doppie imposizioni, pesca, tutela degli investimenti, energia... Sarebbe un viaggio davvero storico. Perché chiudiamo i file del passato e prendiamo la via per un futuro più fruttuoso. Ci stiamo lavorando».
E la strada dalla Tunisia all'Egitto che la Libia ha chiesto all'Italia di costruire come compensazione del colonialismo?
«Ho discusso dell'accordo con Scaroni. Perché l'Eni potrà contribuire al progetto e cofinanziarlo con il governo italiano. Intanto aspettiamo Rutelli in Libia in luglio, firmerà un accordo culturale. E ho invitato anche Amato».