La gratitudine del cineasta Gheddafi

di Dimitri Buffa

Del 3 novembre 2007 da L' Opinione

L’Italia ha stanziato altri soldi a Gheddafi per i pretesi danni di guerra del colonialismo ante I Guerra Mondiale. E lui, per tutto ringraziamento, promette di finanziare un film di propaganda anti-italiana, scritto da sé medesimo. Ridotto all’osso, il complicato rapporto a metà tra la soggezione psicologica, il senso di colpa in servizio permanente effettivo e il puro masochismo instauratosi da decenni tra Italia e Libia si può riassumere così. L’ultima trovata del governo Prodi per tutelare l’Eni a spese di tutti gli altri cittadini italiani è quelle di finanziare con due milioni di euro del ministero degli Esteri un memoriale “volto a celebrare una memoria condivisa” tra Italia e Libia. Dove però la condivisione è da intendere a senso unico: da una parte si parlerà di quei tremila cittadini libici deportati nel 1911 nelle isole Tremiti, a Ustica, Ponza, Favignana e Gaeta (tacendo sul fatto che già all’epoca un’ amnistia li fece tornare quasi tutti in patria sani e salvi), dall’altra invece neanche una parola sui 20 mila italiani cacciati a calci da Gheddafi, non prima di avere confiscato loro tutti i beni, né delle 120 imprese creditrici nei confronti di altrettanti partner libici, compresi quelli pubblici, insolventi. 

E Gheddafi, per dimostrare di non esser da meno di chi lo blandisce, adesso annuncia l’uscita del secondo kolossal finanziato con il petrolio della repubblica di Jamahiria. Il primo fu il celebre “Omar al Mukhtar” con cui negli anni ’70 Gheddafi intese celebrare l’epica del patriota libico impiccato dal maresciallo Graziani. Un film imperdibile con Omar Sharif nella parte di Omar al Mukhtar e con Rod Steiger in quella di un Mussolini che predica alle masse italiane in perfetto arabo classico. Del nuovo film in preparazione si sa che si intitolerà “Dhulm”, che in arabo significa oppressione. E che avrà per sottotitolo una frase in inglese, “Years of Torment”, cioè gli anni del tormento. La pellicola sarà basata su un testo originale scritto da Gheddafi medesimo, mentre la sceneggiatura è della trentaduenne di origine palestinese Iman Said, la regia del siriano Najdat Anzour e la produzione del libanese di fede cristiana Ramzi Rassi, che vive a Londra. Una specie di panarabismo post litteram rievocato per l’occasione. La trama inizierà nel 1911 con l’invasione italiana e, seguendo un percorso narrativo non lineare, intreccerà piani temporali e testimonianze di libici, italiani e altri europei, tra cui il giornalista inglese Francis Macullagh che si trovava a Tripoli al momento dell’occupazione. 

Gheddafi quindi è riuscito ad avere i propri “giorni della memoria”. A spese del contribuente italiano. E pochi giorni fa anche Massimo D’Alema era alla conferenza “L’Italia ricorda i deportati libici del 1911-1912” organizzata dagli Archivi di Stato nella capitale. In quell’occasione il Ministro degli Esteri aveva definito “bestiale” la repressione messa in atto in quegli anni dall’Italia, parlando di “...centinaia e centinaia di deportazioni di cittadini libici in località italiane da cui non fecero ritorno”. Se per i libici di cento anni fa i nostri politici hanno la lacrimuccia facile, in compenso il governo italiano ancora oggi dimostra la poca sensibilità nei confronti dei rimpatriati italiani, anche di religione ebraica, dalla Libia negando loro gli indennizzi richiesti da anni. Ed altrettanto dicasi nei confronti delle imprese italiane creditrici della Libia cui vien negata la copertura finanziaria ai disegni di legge in esame al Senato che prevedono indennizzi mirati. Inoltre mai una parola viene detta sui rapporti di Amnesty e di altre organizzazioni umanitarie, come Peacereporter, entrambe non sospettabili di simpatie filo-americane, a proposito delle pulizie etniche di cittadini immigrati che oggi, non un secolo fa, il regime di Gheddafi deporta e mette in carceri nel deserto a morire di fame e di sete. 

Così, tanto l’attuale ministro degli esteri Massimo D’Alema quanto l’ex titolare del Viminale Giuseppe Pisanu rilasciano incredibili dichiarazioni di amicizia a Gheddafi promettendogli mari e monti e soprattutto soldi per le rinnovate pretese risarcitorie per i danni del colonialismo italiano ante prima guerra mondiale. Inoltre, dato per assodato che Stato di diritto in Italia è puramente simbolico e che la giustizia sociale è una pura illusione, resta il fatto che il volere istituzionale del Parlamento non viene tenuto in alcun conto, nel momento in cui i disegni di legge che tentano di risarcire i malcapitati, e che vengono sottoscritti da esponenti di tutti i partiti presenti in Senato, non vengono mai calendarizzati.

 

 

 

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