“Napolitano, se c’è batta un colpo!”
di Barbara AlessandriniDel 3 febbraio 2009 da L' Opinione
In occasione della prossima approvazione in Senato del Trattato di amicizia Italia Libia il Presidente dell’AIRIL (Associazione Italiana per i Rapporti Italo- Libici) torna a chiedere garanzie per le aziende e iloro dipendenti che hanno operato in Libia e da decenni attendono il pagamento dei loro crediti. E lo fa rivolgendosi al Capo dello Stato.
[b]Presidente Massa, la ratifica del Trattato italo-libico approda ora in Senato. Cosa si aspetta per le aziende creditrici della Libia?[/b]
Una presa di coscienza dei rappresentanti del popolo nel Senato nonché di quelli del Governo. Da tre anni sono all’esame della VI^ Commissione do palazzo Madama tre ddl firmati dai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari per risolvere secondo uno Stato di diritto la questione dei crediti nei confronti della Libia. Faccio notare la disparità quando si tratta di ratificare un accordo bilaterale fra Italia e Libia entro 6 mesi dalla firma e la mancata approvazione dei ddl in difesa dei nostri connazionali dopo oltre tre anni. In barba all’art.35 della nostra Costituzione ed ai principi basilari di uno Stato di diritto.
[b]Alla Camera è passato un emendamento a favore dei 20 mila italiani espulsi dalla Libia, sarà fatto altrettanto in Senato a favore delle imprese creditrici?[/b]
Il Trattato di amicizia non può essere emendato ma, come avvenuto alla Camera, soltanto il ddl che lo accompagna. Mi attendo un impegno del Governo a dare copertura finanziaria, che è puramente cautelativa, e parere favorevole all’approvazione dei ddl 413-465-508 da parte del Senato. Il 15 gennaio scorso ho inviato due telegrammi, uno al Presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione, e l’altro al Presidente del Consiglio, quale massimo responsabile del G! overno. Altri tempi quando Enrico De Nicola rispondeva personalmente a qualsiasi missiva. Non mi rimane che rivolgermi al nostro Presidente chiedendogli: Presidente Napolitano, se ci sei batti un colpo.
[b]Si appella al Capo dello Stato perché ritiene debole il Parlamento quando si tratta di rispettare il diritto ed i dettami della Costituzione?[/b]
In questi nove mesi di legislatura l’espressione massima della democrazia, gli Organi Parlamentari, hanno approvato 32 ddl di cui 31 decreti del Governo, uno solo di iniziativa parlamentare. A dimostrazione della debolezza della nostra Democrazia. Un Parlamento che non è capace di imporre la sua volontà all’esecutivo, specialmente quando si tratta di ddl condivisi da tutti i gruppi parlamentari deve trovare nel Presidente della Repubblica chi lo richiami ai propri doveri.
[b]Ha manifestato davanti a Montecitorio durante l’approvazione del Trattato con un cartello che recava la scritta “l’art. 35 della Costituzione calpestato dalle Istituzioni” e l’altro che riportava la frase di Totò sugli uomini e i caporali. Contestava il Trattato o la mancata sensibilità del Governo nel difendere i diritti dei propri cittadini?[/b]
Dopo 40 anni di contenzioso con la Libia finalmente si era giunti ad un accordo che riconosceva i diritti del popolo libico, anche se questi erano già stati pagati nel 1956. Si poneva finalmente “una pietra sul passato”. Ma i costi derivanti dall’immigrazione clandestina provenienti dalla Libia e il dovere morale di una Nazione civile nei confronti di migliaia di diseredati in cerca di fortuna ci costringono a subire anche gli oneri del Trattato. Non possiamo, dunque, restare indifferenti quando vengono trascurati i diritti dei nostri connazionali nei confronti della Libia. Gheddafi ha dimostrato di saper difendere i propri connazionali mentre i nostri Governi non hanno saputo fare altrettanto.
[b]È un’esplicita accusa al nostro governo?[/b]
Certamente. Oggi, con la crisi dell’economia per la qu ale nel nostro Paese si prevedono anni bui è comprensibile il trasferimento di 5 miliardi di dollari destinati a infrastrutture in cui lavoreranno italiani, ma è inammissibile che non si garantiscano i crediti da noi vantati nei confronti della Libia. La crisi economica può identificarsi in uno stato di guerra e i parlamentari o i rappresentanti del Governo che non sapessero difendere i nostri crediti potrebbero essere tacciati, secondo il codice militare in tempo di pace, di alto tradimento.