Crediti bloccati, dalle imprese appello al Governo
Il nodo degli insoluti. L’allarme delle aziende
Del 29 febbraio 2012 da Il Sole 24 Ore
Tripoli.
Un complicatissimo incastro di nomi, cifre, dichiarazioni, verifiche, conteggi. La questione dei crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti della Libia sarà lunedì e martedì al centro di un vertice a Roma, al ministero degli Esteri, tra il governo italiano, la banca italo-libica Ubae e i rappresentanti del ministero delle Finanze, degli Esteri e della banca centrale libica. Nel suo breve viaggio il viceministro alla Sviluppo economico Mario Ciaccia ha dovuto maneggiare con delicatezza questo tema, constatando l’ estrema cautela degli interlocutori poco intenzionati ad assumere impegni su debiti di cui non conoscono l’origine e per lo più a pochi mesi dalle elezioni.
Ogni numero sull’argomento, in attesa delle verifiche congiunte Italia-Libia, è da prendere con il beneficio del dubbio. Ad ogni modo oscillerebbe da 70 a 110 il numero delle aziende italiane che vantano crediti con il governo libico, in parte risalenti al periodo dell’embargo (circa 630 milioni di euro), in parte pendenti al momento dello scoppio della recente rivoluzione (530 milioni di euro). Per il primo dei due capitoli la strada sembra in salita perché il governo libico considera di aver già fatto il possibile quando, nel 2008, propose una “transazione” da 450 milioni di dollari giudicata non percorribile dall’Italia.
Più semplice la risoluzione dei crediti recenti, anche se la nuova classe politica libica chiede di scomputare almeno la parte di contratti pendenti che si potrà dimostrare essere in qualche modo frutto del sistema di corruzione diffuso durante l’era Gheddafi. Per ora, sarebbe solo di una quarantina di milioni la fetta già pagata o sulla quale c’è un impegno a farlo da parte delle controparti libiche (contratti di Rz Marinas, Iveco, Messina, Sarplast, Cardile Bros, Tarros), per il resto, negli incontri con Ciaccia, il governo libico ha lasciato intendere che una soluzione definitiva non potrà arrivare prima della fine dell’anno. Intanto però i creditori italiani intensificano il “pressing”.
C’è chi ha provato le vie legali chiedendo il sequestro conservativo di beni mobiliari libici detenuti in società italiane, ma il ministero degli Esteri, preferendo per ora la via diplomatica non ha ancora formalizzato l’azione all’ambasciata libica.
In un incontro lampo che si è svolto a Tripoli lunedì, una quindicina di imprenditori, rappresentati dall’associazione italo libica per lo sviluppo economico, hanno ribadito a Ciaccia le ansie di chi partito con il sogno dell’internazionalizzazione rischia la sopravvivenza dell’azienda per i crediti bloccati. E non è l’unico assillo.
Le aziende hanno chiesto al governo di intercedere con Tripoli perché interrompa l’escussione delle garanzie nel caso di forniture e lavori bloccati per causa di forza maggiore.